Il Battesimo e la vita divina

Omelia nella Messa del Battesimo del Signore

Como, Cattedrale, 8 gennaio 2006

 

Dopo averci fatto rivivere i grandi e umili fatti dell’infanzia di Gesù, la Chiesa apre oggi il portale della vita pubblica del redentore: lo mette al cospetto del mondo come il santificatore che è venuto per salvare tutti. L’inizio della predicazione del Signore ci coinvolge non soltanto perché dice delle parole che ci raggiungono razionalmente, ma anche e soprattutto perché pone un fatto che ci concerne e ci include nell’universo rinnovato.

 

Come noi

E’ del tutto comprensibile che Giovanni il Battezzatore si stupisca e quasi si rifiuti di immergere il Signore Gesù nell’acqua del fiume santo. Dovrebbe essere Cristo a battezzare e santificare il Precursore. E invece, no.

In un popolo di peccatori – in una umanità peccatrice – Gesù non chiede posti di privilegio. Non vuol essere il primo tra i battezzati. Si rifiuta anche di essere l’ultimo. Si pone in fila con gli altri, raggiungendo il  luogo che gli tocca, senza alcuna eccezione vantata, nemmeno nel richiedere perdono.

Non si tratta soltanto di condividere l’umanità con i suoi fratelli di carne e di sangue. Si tratta – assai più – di partecipare e quasi fare propria la condizione di peccato che pesa nel cuore di ogni fratello. Egli, l’innocente per eccellenza e, anzi, il Figlio di Dio che il Padre proclama suo prediletto, si addossa tutte le colpe del popolo allineato per la remissione dei peccati e assume su di sé il fardello delle colpe dell’intera umanità: a partire dall’eden, su su sino all’escaton.

E’ questo il senso dell’affermazione di Gesù a Giovanni: “Bisogna che ora si compia ogni giustizia”: la giustizia che schiaccia come un giogo insopportabile le sue spalle perché le liberi dal castigo che merita. E’ questo il senso dell’affermazione del Padre che proclama Gesù Figlio suo che dev’essere ascoltato, seguito, condiviso.

 

L’universo santificato

C’è dell’altro. Dietro i bruta facta quali si possono vedere e sperimentare  umanamente, si consuma un mistero che può essere colto soltanto dalla fede.

La Chiesa di oggi si dice certa, prolungando una tradizione di secoli: si dice certa che l’ingresso del Signore Gesù nel Giordano santifica l’acqua e l’intero universo. Santifica nell’intimo, anche se esteriormente tutto sembra essere e divenire come prima.

Una simile convinzione introduce nell’intuizione che il cosmo intero con l’umanità diventa segno della presenza di Dio: segno efficace della presenza di Dio.

Così avverrà per il battesimo con l’acqua, per la cresima, l’ordinazione sacerdotale e il conforto dei malati con l’olio consacrato. Così avverrà per lo stesso corpo degli sposi che vicendevolmente si comunicano la grazia nell’atto più alto dell’amore umano. Il mondo diviene una selva di segni. Il mondo diviene il lembo del mantello di Dio. Il mondo diviene il prolungamento dell’umanità di Cristo.

Stiamo al battesimo. Giovanni afferma che egli battezza con l’acqua, ma che verrà un Altro il quale battezzerà con lo Spirito: un Altro che attuerà e manifesterà la vigoria di salvezza del Signore Gesù, Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.

Il battesimo, questo sacramento che sta all’avvio della nostra esistenza, ci libera dal peccato e avvia in noi il dinamismo della grazia: della presenza dello Spirito, della partecipazione all’umanità di Cristo, alla gloria elevata al Padre.

 

Dio, il primo

Se è vero, come ci assicura Marco, che si salva chi ha fede – almeno implicita – ed è battezzato – almeno inconsapevolmente nel desiderio – si accetta con gratitudine la prassi della Chiesa madre, la quale vuole che i bambini siano battezzati il più presto possibile. Ammesso che vi sia una famiglia e una comunità che assicuri l’educazione cristiana del bimbo. Sa di pelagianesimo l’usanza di attendere a concedere il battesimo quando la persona è capace di intendere e di volere, o addirittura è adulta.

Per la fede cattolica il battesimo dato fin dall’inizio della vita è il segno che Dio ci prende, ci purifica dai peccati e ci regala la vita di grazia ancor prima che noi siamo capaci di invocare e di accettare liberamente questo irrompere dello Spirito che ci trasforma nel Signore Gesù. Si capisce l’attesa nella concessione del battesimo, quando i genitori non credono più. Allora dovrebbero attendere a comunicare qualsiasi tratto di stile educativo, e non solo la vita di grazia che è, per chi crede, il dono più grande.

Così il battesimo ricevuto nell’infanzia rende il fedele pronto a scoprire con meraviglia e gratitudine la vita divina che ha preceduto la sua richiesta e la sua libera accoglienza. E’ come un bimbo che, quando si sveglia, si trova nelle braccia solide e dolci della mamma. Noi, sviluppando l’intelligenza e la libertà, comprendiamo che non siamo noi a raggiungere la vita divina. Ci è stata data antecedentemente a ogni nostra iniziativa.

E la vita cristiana diviene uno sviluppo incessante di questo germe di grazia posto in noi: un germe che ci sollecita a dire: “Padre” e a comportarci come figli amati sino alla fine.

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