In ricordo di Giovanni Paolo II
Omelia nella Messa in suffragio di Giovanni Paolo II

 Como, Cattedrale, 04 aprile 2005
Sondrio, Collegiata, 05 aprile 2005

 

È impresa ardua ricordare la figura di Giovanni Paolo II a pochi giorni dalla sua morte. Perché è compito della storia, più che della cronaca, tracciarne la fisionomia vitale, culturale e spirituale. Perché ci si trova in mezzo a un battage massmediatico che insiste frettolosamente sulla canonizzazione a furor di popolo – o di informazione ufficiale – e sulla grandezza di questo papa che si vuole chiamare magno come titolo rimediato sul campo. E poi perché si rimane smarriti di fronte a un vuoto che si avverte fortemente – il vuoto di una guida e di un maestro – e si ha la tentazione di celebrare la messa da vivo, mentre la Chiesa – assai prudente e paziente – chiede di celebrare la messa di suffragio per un defunto.

Forse è utile passare in rassegna qualche frase programmatica tra le tante lanciate da papa Wojtyla.

 

  1. “Non abbiate paura. Aprite – anzi spalancate – le porte a Cristo”.

Così si entra nel cuore del messaggio di Giovanni Paolo II : un messaggio antico quanto il cristianesimo e attuale quanto il timore di lasciar posto al Signore Gesù nel cuore di ciascuno di noi. Cristo è un amico difficile: capace di saturare tutte le valenze del cuore umano, ma esigente nel richiedere una conversione totale che non è senza fatica e senza sofferenza per giungere alla gioia.

 

  1. Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente e il Signore Gesù è l’unico Salvatore universale

Quante volte negli interventi più usuali come negli insegnamenti magisteriali, Giovanni Paolo II ha ripetuto con voce commossa e risoluta, con atteggiamento appassionato questa confessione di fede del suo predecessore stabilito da Cristo. E non si trattava di un punto di dottrina tra gli altri: per lui era il cuore della sintesi cristiana che voleva fosse compreso e valorizzato da ogni credente. E poi, in un momento di papa massmediale allo zenit e di Chiesa al nadir, si sentì obbligato a richiamare che il Signore Gesù è l’unico salvatore di tutti: dell’intera umanità e dello stesso cosmo. Il papa, in questo caso, poteva sentirsi umiliato nel dover ribadire una convinzione che sta con l’inizio del cristianesimo e che sembrava dimenticata proprio da chi doveva annunciare la salvezza nell’unico nome in cui la salvezza era data a tutti.

 

  1. Cristo rivela l’uomo all’uomo

In verità, quando il papa parlava di Cristo, intendeva parlare dell’uomo salvato o da redimere. Ci troviamo qui a uno snodo fondamentale del pensiero di Giovanni Paolo II, per il quale – ripeteva spesso –: “Il Verbo di Dio, unendosi a Gesù di Nazareth, si è unito in qualche modo a ogni uomo e all’universo. Riprendeva qui una frase di un paragrafo dogmatico della Costituzione Gaudium et Spes al n°22.

Questo discendere alla radice creaturale dell’uomo lo rendeva capace di intuizione e di docenza circa la vita e la morale umana: umana perché cristiana. Si spiega così la difesa strenua della esistenza dal suo nascere al suo declinare: il magistero sulla condanna dell’aborto è stato inflessibile e ha tenuto desto in una civiltà il grande rimorso di uccisioni numerosissime di innocenti. Così si dica per la morale sessuale che, violata, riduce l’uomo a essere meno uomo. Così si dica, ancor più, per la fecondazione artificiale che non sia di semplice aiuto all’atto coniugale.

Ricordo il giorno dell’attentato al papa  in piazza S. Pietro. La notizia scosse tutti. Un cardinale mi incaricò di stendere due facciate di protesta e di richiesta di preghiera. Eravamo ai tempi del referendum sull’aborto e Giovanni Paolo II aveva parlato qualche giorno prima a Siena condannando senza appello questa prassi. Ritenni di dover osservare che mi risultava difficile collegare gli improperi al papa che condannava l’aborto con le innumerevoli dichiarazioni di condivisione di dolore per l’attentato. Il cardinale mi obiettò che non poteva pronunciare quelle frasi. Ribattei che S. Ambrogio le avrebbe dette. Ma c’erano i maggiorenti e i potenti da non urtare.

 

  1. La Chiesa cattolica come sposa di Cristo

L’identificazione di Cristo come centro dell’universo ha portato Giovanni Paolo II a sottolineare l’importanza decisiva della Chiesa cattolica nell’opera di salvezza. Al punto che, nel papa appena defunto, quando si pone l’attenzione sulla Chiesa, si è immediatamente ricondotti a Cristo che ne è il capo. Giovanni Paolo II ha riconosciuto gli elementi oggettivi di salvezza delle diverse Chiese ortodosse e delle svariate comunità cristiane della riforma.  Ma non rinunciò mai a presentare la Chiesa cattolica come la pienezza della verità, della grazia e dei mezzi per giungere alla verità e alla grazia. Sincerità vuole che l’opera ecumenica del papa appena defunto non abbia raggiunto risultati apprezzabili, di là da rapporti di cordiale conoscenza reciproca. Così si dica per il rapporto con le religioni non cristiane: passi avanti non se ne sono fatti di rilevanti pur con i convegni di Assisi e gli incontri nei vari paesi visitati.

 

  1. Est/Ovest//Nord/Sud

Un papa mistico poteva disinteressarsi di questioni di libertà religiosa e di sana economia. Anzi, dai primi discorsi – quanto diversi dalle celebrazioni di questi giorni – alcuni arguivano che finalmente era arrivato un papa anticomunista. Caduto il muro di Berlino nel 1989, ci si accorse che le critiche maggiori del papa si rivolgevano all’Ovest, con la sua civiltà del gradevole, della sazietà di nutrimenti terrestri, di libertà come licenza, di caduta di ideali: una civiltà marcescente che stava – e sta – emettendo gli ultimi rantoli. Ci vorranno decenni, ma se l’Europa e l’Occidente non recuperano il cristianesimo, sono destinati a fallire, soggiogati da altre culture non concordabili con la tradizione che abbiamo alle spalle. Dopo l’Est e l’Ovest, venne la volta della richiesta di equità tra il Nord e il Sud, così che Giovanni Paolo II è difficilmente catalogabile secondo criteri politici.

 

  1. La fede salva la ragione

In un periodo di pensiero molle, quasi liquido, che si adatta a ogni situazione e rinuncia a ogni certezza, papa Wojtyla ha difeso spesso in modo solitario la ragione umana, e l’ha difesa a partire dalla fede. La fede, infatti, dona una verginità di spirito che fa guardare le cose nella loro verità: anche le cose terrestri. La fede contiene, sana e sublima la ragione. Il credente, lungi dal rinunciare a pensare, non può vivere una fede adulta, se non è accompagnata da un pensiero umano e da una cultura valida. Questo rilievo potrà farci capire, in futuro, che Giovanni Paolo II è stato uno degli ultimi illuministi e umanisti: uno degli ultimi e uno dei primi di una novità che non può tardare a mostrarsi. La fede toglie di mezzo tutti i culti della personalità – tranne il culto dell’Unico coltivabile, il Signore Gesù – e tutte le ideologie che pretendono di ritagliare l’uomo su degli schemi astratti e angusti, che spesso omettono di includere la mente e il cuore.

 

  1. Misericordia e giustizia

Il papa delle straordinarie encicliche sociali non potrà essere dimenticato come fautore di giustizia: una giustizia sostenuta e completata dalla carità, dalla misericordia. Diversamente, la sola giustizia diviene ingiustizia e violenza. Giovanni Paolo II è stato il papa della libertà: di una libertà che non rende schiavi come nel caso del marxismo e nel caso del nazismo, ma colloca in un atteggiamento di capacità di scelta in base ai principi morali e in base all’orientamento fondamentale alla felicità che troveremo in Dio.

 

  1. Intransigenza e comprensione

Giovanni Paolo II è stato perfino testardo nel proporre i dogmi della Chiesa e le norme dei comandamenti e del Vangelo. Ha dovuto guidare la Chiesa in un momento in cui la Chiesa stessa – almeno in certi teorici astratti e forse privi di fede o quasi – ha passato una crisi profonda. Si pensi all’impresa del Catechismo della Chiesa cattolica da lui voluto; si pensi al Codice di Diritto Canonico del 1983; si pensi all’insistenza tetragona con cui proponeva la morale sessuale secondo le vedute del Signore Gesù. Spesso ha dovuto incontrare ostilità anche in fratelli assai vicini a lui come autorità. Ricordo la dichiarazione “Donum Vitae” del 1987 circa la fecondazione artificiale. Si era deciso di mandarla in anteprima ad alcuni vescovi delle grandi città perché esprimessero la loro adesione sui giornali locali. Un cardinale non diede cenno di risposta. Da parte mia suggerii al Santo Padre di richiamare l’interessato. Il papa non volle. Anzi, commentò: bisogna vedere se le idee espresse dalla Sede Apostolica sono condivise dal cardinale. La solitudine provocata anche da persone che dovevano essere amiche.

Con il rigore dei principi, il papa, almeno per la contraccezione, invitava a una comprensione vera della debolezza umana e al significato del perdono per ricominciare sempre d’accapo.

 

  1. Conformazione a Cristo, non al mondo

Un'ulteriore insistenza di Giovanni Paolo II fu quella di conformarsi al Signore Gesù e non al mondo. Vedeva chiarissimamente il dilagare della scristianizzazione. Ma, in lui, ogni elemento di difficoltà non era mai motivo di scoraggiamento: usava solitamente il concetto di sfida, convinto che Cristo avrebbe prevalso almeno alla fine dei tempi. Non cedette mai a un’aria di fronda che si levava, talvolta violenta anche se minoritaria, in certi circoli che si richiamavano illegittimamente al Concilio Vaticano II. Basta leggere qualche articolo anche di questi giorni, e l’elenco delle fantomatiche riforme è presto compilato: un’autorità ecclesiale più collegiale – quand’anche non un Concilio Vaticano III senza aver terminato non solo l’applicazione, ma addirittura la lettura dei testi del Vaticano II -, la nomina di vescovi fatta a suon di propaganda dai mezzi di informazione, il sacerdozio agli sposati, il sacerdozio alle donne, la morale sessuale da rivedere, la confessione da reimpostare (o da togliere) ecc: tutti suggerimenti, come si vede, che vanno nel senso del più difficile.

 

  1. Maria

Non è possibile tracciare un medaglione, pur provvisorio di Giovanni Paolo II senza richiamare il “totus tuus” rivolto a Maria: un’invocazione, questa, che rendeva tenerissima l’autorità esercitata e poneva la donna al centro del cristianesimo con Cristo che ella ci aveva donato.

 

  1. Chi ama di più Gesù

Nel giorno della chiusura del conclave che doveva eleggere Giovanni Paolo II, dall’Osservatore Romano mi era stata richiesta una meditazione da mettere in prima pagina per i cardinali. Non mi confusi in tante elucubrazioni. L’idea semplicissima mi fu data dal card. Giovanni Colombo, il quale mi disse: Gesù chiese a Pietro se lo amava più di costoro; ecco, noi ci raccogliamo per eleggere chi ama di più Gesù tra noi.

Così sia anche per il prossimo papa.

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