Il papa chiede dialogo con l’islam

Siamo ancora nella fase in cui gli osservatori della scena pubblica stanno studiando il papa per vedere se riescono a scorgere qualche novità nel suo pensiero e nella sua azione rispetto a Giovanni Paolo II circa la politica internazionale. Già ha preso posizione su molti punti scabrosi e per la Chiesa tranquillamente da accettare per il bene dell’uomo. Uno di questi temi non poteva non essere il terrorismo che dilaga in Europa e in altri paesi, terrorismo perpetrato spesso attraverso kamikaze da musulmani.

Giorni fa Benedetto XVI ha espresso il suo parere da Introd in Valdaosta anche su questo tema in una conversazione avvenuta in pubblico, ma che ha il timbro del colloquio familiare in una esposizione di un pensiero già elaborato. E’ difficile, dai resoconti della stampa, mettere al loro posto le virgolette per stabilire quale sia il preciso dettato del papa. Il centro della strategia antiterrore del nuovo pontificato è, però, il dialogo interreligioso con l’islam: lo stesso pilastro dell’era Wojtyla. Ciascuno ricorda le critiche mosse al defunto pontefice per quello che veniva chiamato il suo sostegno all’islam. L’attuale pontefice non si scosta da questa linea. L’islam vero deve essere aiutato a diventare moderato e democratico. Per il resto, Ratzinger è convinto che l’islam sia una religione con elementi che possono favorire la pace e che spetti ai fedeli di Cristo cercare di trovare quegli elementi migliori che aiutino il dialogo. Gli episodi di violenza che si sono abbattuti in diverse circostanze durante le ultime settimane sono episodi – anche se gravissimi – dell’operato di un gruppo di fanatici mossi dall’odio. Da ultimo ha ribadito che l’obiettivo di chi semina morte non è il cristianesimo. Si tratta di azioni che rientrano in una intenzione molto più generale, che si mette contro l’uomo.

E qui insorge di nuovo la tentazione di schierare il papa tra i pacifisti a tutti i costi. Non è così. Ratzinger, come Wojtyla, teme che il conflitto tra l’islam e l’occidente assuma il tono di una guerra di religione, mentre la Chiesa tenderà sempre la mano all’islam che segue la via della pace. Si tratta di una strada più lunga, ma pare l’unica, se non si vuole che si faccia il paso verso una guerra – dichiarata o no – che coinvolga moltissimi paesi occidentali, o non si arrivi a una pace coatta, frutto unicamente di una resa da parte dei paesi aggrediti.

La Chiesa non ragiona con la concitazione della cronaca, colpo contro colpo. Si mette nella storia con una prospettiva che si misura almeno in decenni.

Aspettiamoci altre sorprese in questo campo. Pazientiamo, però, nel dare patenti di pacifismo e di buonismo con i terroristi islamici.

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