Battimani scroscianti a scena aperta mentre il Papa parlava a Montecitorio giovedì 14 ultimo scorso. 22 applausi, hanno contato i pignoli. Poi, a visita conclusa, molti politici si sono lasciati inquadrare dalle telecamere e porgere il microfono per dire: bene, discorso sublime, discorso condivisibile, mi è piaciuto l'accenno alla solidarietà, concordo con il richiamo all'unità del Paese, onesto e allusivo il flash sulla famiglia e sulla scuola, delicata la segnalazione del doveroso rispetto per l'uomo e l'accoglienza della vita - a che cosa pensava Giovanni Paolo II? -, felice lo stimolo all'Unione europea, attesa e indovinata l'esortazione alla pace, eccetera. Si può dissentire sull'augurio di un gesto di clemenza per i carcerati. Soprattutto un intervento laico, laico, laico: tre volte laico.
Veramente, già in serata a Excalibur Gian Enrico Rusconi non nascondeva il proprio disagio davanti a un Papa che, parlando ai legislatori italiani, si rifaceva a una morale di principi assoluti. La mattina dopo, con tono partecipato e con indubbia lucidità, proprio su questo quotidiano Ferdinando Adornato riprendeva l'appunto segnalandolo quasi come l'asse portante del discorso e come problema aperto. Altri commenti ho trovato in parallelo nella rassegna stampa: di solito meno consonanti con il Sommo Pontefice. Al punto che rimane da chiedersi se i parlamentari non applaudissero la scenografia più che il contenuto dell'intervento papale. O non battessero le mani a seconda dei temi presentati e lambiti di volta in volta. Già. Perché l'interrogativo rimane. A meno che i nostri legislatori si siano improvvisamente convertiti a una laicità sana.
E mi spiego. Almeno cinque volte il Papa ha parlato di «una verità sull'uomo, che si impone al di là delle barriere di lingue e di culture diverse»; di «diritti umani universali radicati nella natura della persona, nei quali si rispecchiano le leggi oggettive di una legge morale universale»; di «fondamenti etici» che presiedono a ogni legge positiva, eccetera. Si accoglie una simile prospettiva di saggezza umana, se non proprio derivata da una rivelazione divina?
Se sì, occorre pur cavare delle conseguenze che sembrano inevitabili. Una soprattutto. Il Papa la espone così: la cooperazione necessaria per superare le sfide a cui l'Italia deve far fronte; tale cooperazione «non può prescindere dal riferimento ai fondamentali valori iscritti nella natura stessa dell'essere umano». E subito di seguito: ci si deve mettere in guardia dal «rischio dell'alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità». La minaccia che incombe, poi: «Se non esiste nessuna verità ultima che guidi e orienti l'azione politica, le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppur subdolo, come dimostra la storia: anche quella del XX secolo appena trascorso». Mentre - contro un parere abbastanza diffuso - le religioni autentiche non spiegano una qualche intolleranza se non chiamate in causa «in maniera totalmente distorta».
E' difficile smentire una storia tanto prossima e tanto palese. Pare di rileggere de Tocqueville che metteva in guardia le democrazie senza una tradizione etica alle spalle: potevano far rimpiangere le monarchie assolute di un tempo. Sono convinto che si riesce a stento a evitare la santità o la barbarie - ma se ne può ancora parlare? - senza il riferimento a una verità assoluta e a una legge universale. Di là da tutti i tentativi laicistici. Mi rimane un enigma: la claque di Montecitorio. Si poteva non essere presenti o rimanere in silenzio. Che cosa sta avvenendo?