Il ministro Moratti, oltre le riforme che vuole attuare nella scuola, si spinge alla creazione di centri di aggregazione post-scolastici per i ragazzi dai tredici ai diciotto anni: tre anni di sperimentazione; venti centri da avviare prossimamente, poi si valuterà. Idea di fondo: la scuola deve riappropriarsi della funzione educativa e non ridursi ad agenzia di trasmissione del sapere; in collaborazione con la famiglia, la scuola deve promuovere la personalità dell'alunno nella sua integralità. Cinque aree di impegno: scolastico, formativo, di consulenza e di sostegno alle famiglie, di orientamento professionale, culturale, ludico e sportivo. Il tutto - i venti centri - fatto funzionare da sessanta insegnanti, trecentoventi operatori volontari, centoventi operatori del privato-sociale, tra i quali il responsabile e gli educatori di ogni struttura. Al progetto sono chiamati a collaborare l'Enaip per la formazione professionale, il Csi per le attività ludico-sportive, la Compagnia delle Opere per l'esperienza maturata nelle imprese sociali, e le associazioni dei genitori Anglad e Agaras. Costo: tredici milioni di euro per i tre anni. Va da sé che è implicito l'orientamento a tener lontani i ragazzi dalla droga e si ha come modello San Patrignano (quanto imitabile?).
       Che dire? Che il ministro Moratti si muove sempre con ideali ottimi e con una precisione progettuale invidiabile. Poi bisognerà controllare come funzionino realmente le cose. Qualche appunto. Sembra che la proposta dei Centri di aggregazione sia a libera partecipazione da parte dei ragazzi della scuola. Parteciperanno? Si può dubitare che essi sentano a lungo la scuola come la propria casa. A meno che vi si installino da perpetui ripetenti senza la vergogna di essere un poco mantenuti. Se è vero che la famiglia, negli orientamenti teorici, è chiamata a collaborare, non si va di fatto verso una ulteriore deresponsabilizzazione della famiglia stessa e verso un sovraccarico non onorabile di impegni della scuola? La quale scuola già riesce a stento a tener testa a traguardi assai più modesti. Ancora. Si tien conto del fatto che strutture simili di ritrovo giovanile vi sono già in molte zone del Paese, almeno al Nord? Si invocherà la rituale connotazione di laicità che deve qualificare tali esperimenti, giustamente da non confondere con oratori e con istituzioni simili. Sia. Ma si osservi: forse nulla come il tempo libero viene gestito in base a una precisa visione del mondo. La laicità segnerà anche qui, invece, la negazione di ogni certezza profondamente umana e perfino filosofica e religiosa? Ma allora, a che cosa si ridurrà il ritrovarsi dei ragazzi? Oppure - come deve essere - si permetterà, anzi si stimolerà un pluralismo di concezioni della vita che coesistano e si confrontino pacificamente e fruttuosamente? Non pare impresa facile. Con il passare del tempo non si arriverà di nuovo a centri sociali occupati o a organizzazioni di concerti rock con qualche rara bigiata conferenza? E gli operatori saranno a lungo all'altezza dei loro compiti?
       Non vorrei scoraggiare propositi sacrosanti. Solo mi pare di dover richiamare la necessaria presenza di educatori motivati, saggi e generosi. Dietro ogni gruppo di giovani sta sempre un animatore poco o tanto carismatico.
       Ministro Moratti, le faccio i migliori auguri di riuscita in proposito. Sarà bene che anche i cattolici collaborino, se non si vedono costretti a mettere in parentesi la loro originalità. Intanto, oltre che al doposcuola statale - o no? -, pensi anche alla parità delle scuole libere. Finora, di là da qualche elemosina o poco più, si è avuta soltanto qualche promessa. Non ci sono soldi, si assicura. Ma la scuola non è uno dei primi doveri dello Stato? La scuola con una propria impostazione culturale, dico. Per non proibire ai ragazzi di porre domande di senso. Per non obbligarli a una prospettiva ideologica mortificante. Non parole, ma opere di bene, signor ministro: passi la richiesta ai suoi colleghi.

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