Giovanni Paolo II
papa santo subito?
Almeno per interposta televisione siamo stati tutti testimoni della grande affluenza di popolo per visitare e tumulare la salma di Giovanni Paolo II in piazza S. Pietro e poi nelle Grotte vaticane. Un tripudio di persone. Un popolo difficilmente misurabile. E si metta pure qualche punta di fanatismo o di superstizione, ma l’atteggiamento della quasi totalità dei pellegrini era pacata e decisa a sopportare freddo e nebbia pur di passare accanto al cadavere del papa e rivolgere uno sguardo grato e orante. Dopo di che, si possono lasciare dire i critici della società sacrale per mettere in evidenza l’essenzialità di un culto fatto soltanto di gesti essenziali.
Poi, però, osservando la folla tra le braccia del colonnato del Bernini ci si accorse che prima uno, poi due, poi molti striscioni chiedevano sanza tante moine una beatificazione a voce di popolo: quasi per acclamazione, saltando tutte le tappe della prassi in proposito. Se sono vere le notizie date dalla stampa ieri l’altro, alla gente si è poi unito un buon gruppo di cardinali: firme: beatificazione o canonizzazione senza indugi.
Il fatto è che, salvo eccezioni rarissime, una causa di beatificazione può essere iniziata soltanto a cinque anni dalla morte dell’interessato. Qui, invece, si tratta di giorni e, comunque, si vuole che le procedure siano compiute in fretta. Benedetta la Chiesa che diffida sempre dagli entusiasmi improvvisi e incontenibili. Intanto, bisogna studiare attentamente gli scritti del futuro beato. Occorre che si verifichi qualche miracolo perché la causa proceda. Ma poi – o prima – hanno riflettuto bene i fedeli e i cardinali sul passo compiuto e sulla pretesa accampata? Se per una beatificazione il papa impegna l’infallibilità, è necessario riflettere sui soggetti dell’impegno di tale infallibilità. Si tratta anche dei vescovi? Ma allora, perché escluderli dalla consultazione e tener conto soltanto dei cardinali? E vescovi e cardinali possono formare un soggetto di infallibilità, senza che siano uniti al papa? Già, poiché il papa manca nella Chiesa di oggi e non si può dare la collegialità – che è di tutti i vescovi, e non soltanto dei cardinali cum Petro et sub Petro. Un procedimento di questo genere sarebbe contrario alla Costituzione sulla Chiesa come sacramento di Cristo. Segnerebbe una sorta di conciliarismo senza che ci sia nemmeno il concilio per intero. Segnerebbe, di più, una sorta di cardinalismo, quando il cardinalato serve a nominare il papa e non a sostituirsi a un papa defunto.
A queste aberrazioni teologiche si giunge quando ci si lascia trasportare dall’impeto celebrativo – da una qualche forma di culto della personalità, senza tener conto dell’intervento di Cristo e dei modi in cui Cristo agisce per creare i successori nel servizio di Pietro.
Meglio ragionare con calma. La Chiesa cammina lungo e vede ancor più in là.