I Santi, nostri modelli e protettori

Omelia nella Messa della solennità di tutti i Santi

Como, Cattedrale, 1 novembre 2002

  1. Oggi è una festa di moltitudini. Come Abramo potremmo essere presi per mano da Jawé, portati nel buio della notte e invitati a contare le stelle, se possiamo; a computare i granelli della rena del mare, sperimentando dolorosamente la nostra inettitudine. Gesù nell’Apocalisse ci apre lo scenario del Paradiso e ci mostra i centoquarantaquattromila segnati con il sigillo della croce; non solo: ci pone di fronte e in mezzo a una moltitudine immensa che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Si può rimanere sgomenti di fronte a questa scena grandiosa: sgomenti perché quasi dispersi in una massa anonima in cui non riusciamo a riconoscere persone care il cui ricordo abbiamo coltivato in vita. E invece no. Varcando la soglia del tempo, la capacità di conoscere e di amare i singoli e tutti si trasforma in modo tale che ciascuno di noi si sente come tra fratelli e amici. Innumerevoli, ma noti e amati.
  2. Ogni santo è la risposta a una chiamata di Dio. E’ la rifrazione di un raggio della multiforme grazia di Cristo che è data a ciascuno di loro ed è promessa a noi. Non c’è un santo identico a un altro. Tutti sono chiamati figli di Dio e lo sono realmente. Eppure, a ciascuno di loro il Verbo ha consegnato un coccio bianco su cui è scritto il nome che è conosciuto soltanto da chi lo riceve e dal Signore che lo regala. Non sono diventati santi per loro iniziativa. Si sono lasciati interpellare e dirigere senza riserve e senza scadenze.
    L’unico Figlio di Dio ha molti fratelli, ciascuno dei quali è una identità e una originalità irripetibile. Se si tratta – come si tratta – di imitazione di Cristo, ebbene questa imitazione non fa delle copie, ma fa delle invenzioni imprevedibili, sorprendenti, magnifiche. C’è chi è beato perché è povero in ispirito, perché è afflitto, perché è mite, perché ha fame e sete di giustizia, perché è misericordioso, perché è puro di cuore, perché è operatore di pace, perché è perseguitato a causa della giustizia, perché si è lasciato insultare e contrastare; ma adesso ciascuno di loro si rallegra ed esulta perché grande è la ricompensa nei cieli.
  3. Quando entreremo in Paradiso, se il Signore ce ne darà la grazia, allora capiremo che esistevano dei santi particolarmente consnanti con la nostra fisionomia spirituale: santi che erano nostri in una maniera tutta particolare. Poiché, è vero che fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato: sappiamo che quando il Signore si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, poiché lo vedremo così com’egli è. Simili a lui eppure non anonimie inanellate in una serialità monotona. Piuttosto uniti e vari come l’accesa fantasia di Dio sa pensarci e volerci, progettarci e chiamarci all’essere, amarci ancor prima che esistiamo e poi crearci come parziali rifrazioni della gloria di Cristo, che tutte si compongono in un disegno unitario. E coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello, si ritrovano nella comunione dei santi come fratelli attoniti e riconoscenti all’unico Signore per la gloria del quale sono vissuti, hanno sofferto, e ora esultano nella beatitudine senza limiti e senza fine. Esultano e ci attendono.
    Le fattezze di ogni persona raggiunta e cambiata dallo Spirito dipendono da doti creaturali, dall’educazione ricevuta, dagli incontri fatti, dai libri letti, dai pensieri meditati; soprattutto dipendono dai carismi – dai doni spirituali – che sono concessi a ciascuno. E il santo che sei chiamato tu a diventare, che sono chiamato io a diventare, non esiste ancora. I suoi contorni e i suoi tratti caratteristici sono affidati a te, a me, che aderiamo ai colpi di scalpello che lo Spirito batte per cavare dalla pietra arida e dura che siamo noi, i capolavori di Dio. La festa di oggi è gioia e responsabilità.
  4. Questa galassia di santi che ci attorniano, non ci soffocano. Ci proteggono, invece: pregano per noi, si pongono accanto a ciascuno di noi perché ci lasciamo formare dalla pedagogia del Signore che ci vuole secondo la statura di Cristo. Non si tratta soltanto di modelli di lontani. I santi, anche quelli modesti e comuni della vita quotidiana – non per questo meno eroici – ci richiamano che la perfezione cristiana è possibile anche nelle nostre strade, nei nostri uffici e nei nostri ambienti di lavoro, nei momenti tristi e nei fugaci e desiderati momenti di gioia baluginante che ci fa intravedere e quasi presentire la conclusione felice della vita.

I santi sono gli uomini più umani che sono esistiti. Nessuna situazione pur impervia e dolorosa che siamo chiamati a svolgere è estranea alla loro esistenza vigorosa e dolcissima. Essi hanno avuto il genio dell’amore. Li dobbiamo pregare perché conoscono a fondo gli anfratti più nascosti e i punti più crudi della esistenza che siamo incaricati di vivere.

E chissà: forse domani pregheremo in suffragio di qualche defunto che ci sta a guardare e ci sorregge, poiché è già nelle braccia di Dio. Santi tutti del cielo, intercedete per noi.

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