Omelia nella Messa di fine d’anno

Como, Cattedrale, 31 dicembre 1991

 

Concludiamo l’anno in atmosfera mariana.

L’intero ciclo delle festività natalizie ha come sfondo la Madonna che aderisce al suo Signore; che ci dona il Figlio di Dio fatto uomo; che serba in cuore i misteri operati in lei e li medita continuamente; che si prepara a condividere la vita di Cristo fino alla morte e alla resurrezione; che intercede per noi con mediazione materna.

Per noi credenti il passaggio a un nuovo anno è motivo di mestizia e di letizia. Ma non è momento in cui abbandonarci a esplosioni scomposte di tripudio (non si sa poi perché) o di amarezza.

Alcuni dei nostri giovani, con gesto inusuale e profetico, passeranno la fine dell’anno pregando e pellegrinando fino al Monte Croce.

Un primo sentimento che ci sale nell’animo è quello della gratitudine. Il tempo che il Signore ci concede è dono e motivo di impegno.

Dio ci ha fatto vivere questo 1991 con gioie e dolori. Ciascuno di noi ripensa ai giorni passati e non può non vedere la munificenza con cui Dio ci ha gratificati e le prove che ha messo sul nostro cammino.

Occorre dire grazie per tutto: anche per le sofferenze che abbiamo incontrato e che sono servite a farci crescere.

Fra i regali, il più bello che Dio ci ha consegnato è che noi siamo suoi figli; e ne è prova il fatto che “ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!”.

Per questo e per innumerevoli altri motivi - la salute, la famiglia, rincontro con persone buone e così via — noi canteremo il “Te Deum” di ringraziamento.

 

Un secondo sentimento che ci pulsa in cuore è il desiderio rinnovato del perdono di Dio.

Quante grazie sciupate. In quanti casi — nelle circostanze più rilevanti o più semplici della vita — il Signore è passato accanto a noi e ci ha chiamati, mentre noi non l’abbiamo degnato di uno sguardo o abbiamo detto di no.

Ci siamo già confessati. Se ancora non l’abbiamo fatto, si impone il proposito di ricevere il sacramento della riconciliazione. È questa la via ordinaria e più efficace per raggiungere la pace con Dio e riprendere la nostra conversione.

 

E, poi, rimaniamo perplessi e fiduciosi di fronte all’anno che si apre.

Perplessi, perché non sappiamo che cosa essi ci riservi. Può essere l’ultimo della nostra esistenza terrena. Può caricarci di croci assai pesanti da portare. Può nascondere la sorpresa di gioie inattese.

Noi non ci rivolgeremo a maghi e ad astrologhi per sapere il segreto del futuro.

Iniziamo l’anno fiduciosi in Dio e in quanto Dio vorrà concederci. Siamo certi che egli ci accompagna sempre e che a ogni giorno basta la sua pena e la sua letizia.

Ha qualcosa di enigmatico e di fatale lo scorrere del tempo. Ci stacca dalle cose che passano e ci avvicina all’eterno.

Davanti a noi, comunque, sta la benedizione di Dio: “Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace”.

Scambiamoci questo augurio santo con senso di abbandono alla Provvidenza che ci tiene per mano in Cristo e per l’intercessione di Maria. Amen.

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