I frutti dello Spirito

Omelia nella Messa di Pentecoste

Como, Cattedrale, 30 maggio 2004

Lo Spirito santo non si lascia catturare direttamente come se si trattasse di qualcosa da aggiungere a ciò che già abbiamo. Si approssima a noi ed entra in noi fino a diventare la nostra autentica e ultima anima. E l’anima ha il compito di spingere all’azione e di guidarla.

Intanto è da notare che noi figli di Dio non siamo dei mondani – degli psichici, come direbbe S. Paolo -, ma dei santificati per cui corpo e mente e cuore vibrano secondo lo stile e il ritmo di Dio. Compito dello Spirito è renderci sempre più simili al Signore Gesù che vive e regna tra noi risorto.

Poi vi è da osservare che lo Spirito offre una capacità nuova di vedere le cose: fa condividere la mentalità di Cristo e dunque aiuta a osservare le piccole vicende quotidiane e i grandi avvenimenti della storia con lo sguardo del Signore Gesù, che è sguardo pacato, dominatore, dolce e sorridente. Guai se ci mancasse qualche aspetto di umorismo: moriremmo sotto la nostra noia.

Ancora: se il comportamento si adegua al pensiero, v’è da prendere atto che pure la volontà e il cuore sono protesi  alla perfezione del Signore Gesù: un dono assai prima che una conquista.

Perfino la sensibilità via via si affina e ci rende capaci di capire e di onorare anche le persone apparentemente più abbruttite.

L’entrare nella verità intera e l’assumere il modo in cui lo Spirito accosta cose e persone ci rende miti e capaci di intuire lembi di bontà; miti e coraggiosi fino a uno strano eroismo che non nasce da noi, ma ci viene donato nel difendere e nel diffondere la dottrina e la realtà del Signore Gesù.

Con la grazia ci vengono regalati i carismi. I quali sono doni offerti a noi e non da noi conquistati.

Il tema dei carismi è oggi molto trattato – agitato si direbbe -: essi sono regalati non tanto per la perfezione propria ma per una riforma della Chiesa che sia sempre più adeguata al mistero di Cristo. A condizione che non prevalgano i carismi sulla realtà arcana della grazia. A condizione che un carisma non pretenda di sovrastare quelli di altri, e soprattutto la valutazione autoritativa  della Gerarchia. A condizione che pur nel dilagare dei carismi ci si mantenga in umiltà e serena gaiezza.

Si permetta una citazione sgarbata che ne prepara un’altra gentile. Paolo ai Galati parla delle opere della carne “che sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come ho già detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito, invece, è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è legge”. O meglio: c’è soltanto la legge  dell’amore che assomiglia molto a una lieta spontaneità che oggi chiediamo allo Spirito per intercessione di Maria.

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