Memoria e attesa

Omelia nella Messa di fine d’anno

Como, Cattedrale, 31 dicembre 2004

 

Il passaggio dall’anno che lasciamo alle spalle a quello che sorge stanotte ci invita – quasi ci costringe – a riflettere sull’atteggiamento che dobbiamo tenere di fronte al tempo-dentro il tempo - poichè nulla avviene a caso, tutto ha una ragione ed è regalo della somma magnanimità di Dio.

 

Il passato

Vi sono diversi modi di valutare un lasso di tempo passato.

Ci si può chiedere se è stato buono o gramo. Si può misurare se sono stati più numerosi i momenti felici o quelli tristi. Si può chiudere una partita quasi maledicendola e affidandosi a ciò che verrà. Ci si può atteggiare a indifferenti che si limitano a registrare dei giorni passati e consegnati non certo alla storia, ma a una arruffata cronaca quasi insignificante che non lascia in noi se non delusione.

Di contro, si può osservare lo scorrere del tempo passato con gli occhi di Dio, la mentalità di Cristo e la luce che ci dona lo Spirito.

Allora, ammettiamo: mentre vivevamo i singoli fatti lieti o tristi ci esaltavamo e ci abbattevamo quasi fossimo lo zimbello di una fatalità che ci costringeva ad accettare. E qui la memoria riesuma incontri, prove riuscite, libri letti, guadagni ecc; riesuma anche con senso di rassegnazione tappe di malattia, difficoltà di rapporti con le persone, delusioni cocenti e così via.

Osservando con spirito di fede, il passato può sembrare un ammasso di macerie sconclusionato. Ma, più avanti , quando si fa un bilancio al termine di un anno per esempio, i singoli avvenimenti che sembravano privi di senso e quasi manifestazioni di cattiveria o di casualità si compongono a dare un disegno o a formare un cammino nel quale il Signore ci ha accompagnato e ci ha collocato. Ci si accorge, come in un lampo di intuizione, che dovevamo attuare un progetto che Dio aveva ben pensato per noi e percorrere un cammino nel quale Cristo ci ha preceduto. Allora il passato reso attuale dalla memoria si rivela pedagogia di Dio che ci ha condotti verso la nostra vera felicità: quella felicità monca e sbrecciata che possiamo avere nel nostro povero destino terreno, ma che anela alla fine oltre il tempo.

Dovremmo chiederci che cosa saremmo- superficiali, irriflessivi, ripiegati su noi stessi, ingrati- se il Signore non ci avesse condotto attraverso momenti di sofferenza frammisti ad attimi di gioia: almeno attimi. Ogni accadimento e ogni nostra scelta hanno influito su noi stessi: erano regali di Dio, e noi dobbiamo interrogarci per capire che cosa ne abbiamo fatto. Se ci ritroviamo formati sul modello di Cristo, pur con i nostri peccati, ebbene dobbiamo ringraziare Dio per questo 2004 che entra nella nostra vita. I nostri atti non si perdono nel nulla: ci seguono e ci cambiano; sono doni da rendere al Signore fatti fruttificare come i talenti della parabola. E noi passo passo decifriamo la nostra fisionomia attraverso gli anni che scorrono e le lezioni della scuola di Dio.

 

Il futuro

Ci si può piegare sulla sfera di cristallo per vedere ciò che avverrà. Ci si può affidare al gioco delle carte. Si possono scrutare gli astri come se non fossero il giardino in cui Dio scorrazza, ma una sorta di sciarada da interpretare per conoscere ciò che avverrà. Si può iniziare l’anno con la rassegnazione di chi si concede a un fato indisponibile e perverso, per il quale anche le avare letizia concesse sono beffe di un destino anonimo e privo d’intelligenza e di cuore. Allora la vita si affloscia su se stessa e si lascia trascinare da un disegno che è uno sgorbio e che non riserva sorprese che non siano cattiverie prive di saggezza e di bontà.

Si può varcare la soglia dell’anno con la paura di chi attende soltanto disgrazie e castighi; o con il candore di chi si illude di entrare nel mondo migliore possibile.

Ma se si vivono questi momenti con fede, allora non si è più stretti dalla paura o protesi all’illusione: si lascia al Signore che faccia; a noi il compiere la Sua volontà. Il nuovo anno sarà una benedizione, qualunque disgrazia ci riservi e qualunque esaltazione ci doni.

Non sarà necessario rinunciare a progetti di pensiero e di vita che ci sembrano sapienti e geniali e buoni. Basta che i programmi che disegniamo nell’aria si sottomettano all’esame e alla correzione di Dio. Alla fine varrà il Suo volere che è soltanto benevolenza nei nostri riguardi. Si raggiungerà così una sorta di pace interiore che è frutto di un’obbedienza al Signore che non ci abbandona mai e sa quale sia la nostra felicità e ci strattona quando puntiamo a felicità illusorie e fugaci.

Facciamoci pure gli auguri. Ma non strologhiamo su ciò che verrà così da prepararci a ciò che noi abbiamo programmato. Non ci è dato di vivere due giorni in un giorno, un anno in un giorno, la vita in un battibaleno. Tenendo la nostra mano nella calda mano del Signore Gesù, lasciamoci da Lui condurre dove vorrà. L’importante è essere pronti a rispondere con la fatica e la gioia della libertà nell’istante che viviamo. Domani il Signore ci accompagnerà per un altro tratto di strada sempre reggendoci teneramente e risolutamente la mano per condurci fino al Suo apparire, quando tornerà visibilmente tra noi e sarà tutto in tutto e in tutti, e la mente capirà in luce nuova e il cuore si inonderà di una gioia inesprimibile. Anche il morire sarà un sì detto a Dio con docilità , per un’obbedienza che riserva il Mistero della gloria.

 

Sia ciò che Dio vuole. Decida Lui del nuovo anno. A noi il mettere i piedi nelle sue orme sul sentiero della vita apparentemente contorto, ma esito di saggezza e di Misericordia. Poi ci guarderemo negli occhi.

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