Non c'è pace senza giustizia
Non c'è giustizia senza pace

Omelia nella Messa in occasione della Giornata Mondiale per la pace

Como, Cattedrale, 1 gennaio 2002

 

Il clima di oppressione creato dalle azioni violente che si stanno consumando su scala internazionale ha suscitato diverse prese di posizione che invocano la pace; preminente tra tutti questi interventi è il messaggio del Papa per la Giornata della Pace che siamo chiamati a celebrare in questa apertura di anno. Invitando alla lettura diretta del documento, mi limito qui a un sunto che vuol essere soltanto diligente.

 

Il terrorismo

Giovanni Paolo II ha parole di fuoco contro il terrorismo il quale “ si è trasformato in una rete sofisticata di connivenze politiche, tecniche ed economiche, che travalica i confini nazionali e si allarga fino ad avvolgere il mondo intero. Si tratta di vere organizzazioni dotate spesso di ingenti risorse finanziarie, che elaborano strategie su vasta scala, colpendo persone innocenti, per nulla coinvolte nelle prospettive che i terroristi perseguono”.

Il terrorismo è offesa all’uomo e a Dio. “Le ingiustizie esistenti nel mondo non possono mai essere usate come scusa per giustificare  gli attentati terroristici… La pretesa del terrorismo di agire in nome dei poveri è una palese falsità.”

 

Legittima difesa

Il Papa sostiene che esiste un diritto a difendersi dalla violenza subita specialmente sotto forma di terrorismo. La legittima difesa “è un diritto che deve, come ogni altro, rispondere a regole morali e giuridiche nella scelta sia degli obiettivi che dei mezzi. L’identificazione dei colpevoli va debitamente provata, perché la responsabilità penale è sempre personale e quindi non può essere estesa alle nazioni, alle etnie, alle religioni, alle quali appartengono i terroristi.”

Lo sforzo delle iniziative politiche, diplomatiche ed economiche dovrà mirare a “risolvere con coraggio e determinazione le eventuali situazioni di oppressione e di emarginazione che fossero all’origine dei disegni terroristici.”

 

Non si uccide in nome di Dio

“Chi uccide con atti terroristici coltiva sentimenti di disprezzo verso l’umanità, manifestando disperazione nei confronti della vita e del futuro”. Va risolutamente condannato il terrorismo soprattutto quando fosse “figlio di un fondamentalismo fanatico, che nasce dalla convinzione di poter imporre a tutti l’accettazione della propria visione della verità”. Nessun responsabile delle religioni - ammesso che tutte le religioni abbiano la possibilità di riconoscersi in responsabili, e anzi in un responsabile ultimo: ciò che non è, almeno nel caso dell’Islam - : nessun responsabile delle religioni può avere indulgenza verso il terrorismo e, ancor meno lo può predicare; anzi, si deve affermare l’obbligo da parte delle guide delle grandi religioni, di esprimere una “condanna pubblica del terrorismo, rifiutando a chi se ne rende partecipe ogni forma di legittimazione religiosa o morale”. La verità, infatti, non può mai essere imposta: essa si impone con la propria forza, risolutamente e soavemente, quando l’uomo, nella sua dignità, si apre liberamente e responsabilmente ad accoglierla.

 

Perdono e giustizia

Giovanni Paolo II suggerisce il perdono, sia sul piano personale sia sul piano sociale, quale via per la pace. Tale scelta è dovuta anche a considerazioni umane; essa però è motivata ultimamente dal rapporto con Dio che si attua nella fede. Il perdono non implica la rinuncia alla giustizia: “mira piuttosto a quella pienezza di giustizia che conduce alla tranquillità dell’ordine, la quale è ben più che una fragile e temporanea cessazione delle ostilità, ma è risanamento in profondità delle ferite che sanguinano negli animi.” Paradossalmente, il perdono divenuto “stile politico” di azione impegna singolarmente a instaurare una vera giustizia e si pone “alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale… La pace è la condizione dello sviluppo, ma la vera pace è resa possibile soltanto dal perdono… Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”.

 

La preghiera

L’atteggiamento di perdono delineato da Giovanni Paolo II parte dal senso di umiltà proprio di ogni uomo pensoso e dalla consapevolezza che Dio ci ha amati senza alcun nostro merito. Perciò noi siamo chiamati a una società più libera e giusta. Ciò richiede un impegno di preghiera che si orienti a un “generale rinnovamento nei cuori delle persone e nelle relazioni tra i popoli della terra… La preghiera per la pace non è elemento che ‘viene dopo’ l’impegno per la pace. Al contrario, essa sta al cuore dello sforzo per l’edificazione della pace nell’ordine, nella giustizia e nella libertà”.

 

Il Signore ci conceda questa pace, dono suo e opera anche nostra, attraverso l’intercessione di Maria, Regina della Pace.

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