Non pagare le tasse è contro la legge di Dio?

Nelle pagine di un quotidiano di provincia di ieri era relazionata la cronaca dell’intervento di un Vescovo di una Diocesi della Regione Lombarda. Il presule partiva dalla scrittura: “a chi le tasse, le tasse”. “A chi il rispetto, il rispetto”. “A chi il timore, il timore”. “E’ parola di Dio ancor prima che un dovere”. E’ parola di Dio, si sofferma su quel “parola di Dio” che conclude l’Epistola. Come se l’Epistola non fosse parola di Dio: Matteo, il pubblicano, divenuto poi un santo apostolo, parla ai suoi colleghi come Guardia di Finanza.

Altro da aggiungere? Molto. Anche “Chi è dedito al compito di far pagare le tasse è funzionario di Dio e da esattore può diventare santo”. “E’ una cosa brutta – aggiunge il Vescovo – che una società vada per categorie e dica, per esempio, che tutti i commercianti sono disonesti e tutti i politici fanno schifo. Non si giudica per categorie, ma per singola persona. Non esiste una categoria di santi, non esiste una categoria di peccatori, alla quale attribuire colpa o merito”.

Dopo la cerimonia, a domanda, il Vescovo risponderà che le tasse vanno pagate, ma va evitato lo spreco delle risorse provenienti dai gettiti fiscali. E se non si può raddrizzare l’impiego? “Lo sciopero fiscale è l’estrema ratio. Prima c’è l’attenzione da prestare quando si va in cabina a votare. Si paga e si presidia affinché non ci sia dissipazione. Lo spreco c’è. I costi della politica sono inaccettabili. Ma ci sono anche gli sprechi nei ministeri, nel finanziamento ai partiti, nell’indotto. Non si risolvono questi problemi con l’atteggiamento da tribuno del Grillo di turno, che può anche aver ragione nel merito delle cose che dice. Ha meno ragione nel metodo”.

Si può anche lasciare frinire il Grillo secondo il proprio estro. Ma le tasse non le paga soltanto il Grillo. Le pagano anche gli operai, gli impiegati e coloro che lavorano otto ore al giorno, vedendosi richiesta dallo Stato la metà dello stipendio.

Ora quando si confessano i datori di lavoro, occorre forse chiedere anche a loro se pagano le tasse giuste agli operai? Se no, all’attuale giustizia sono chiamati soltanto i poveri il cui stipendio è esile ed è computato al centesimo.

Sta bene il richiamo all’obbligo di pagare i tributi, ma non occorre anche ricordare il dovere di retribuire il lavoro secondo giustizia, senza navigare nel “nero”?

Diciamo le cose come sono: oggi chi guida il Governo si comporta davvero con trasparenza nel redigere la busta paga? Che ne diciamo dei governanti i quali, con un sorriso un po’ furbastro promettono di aumentare gli stipendi al mattino mentre prima di sera li aumentano, soprattutto a se stessi? E il lievitare dei prezzi chi lo controlla? E il ritocco all’alto dei biglietti di viaggio riproduce una giustizia adamantina al lunedì, quando il mercoledì lo cambia, magari senza avvisare?

Un Vescovo che ascolta il popolo, senza assumere il tono del tribuno, dovrebbe tener conto anche delle proteste dei poveri: la gente non è tutta entusiasta di vedersi togliere dal portafogli soldi che poi non sa sempre dove vanno a finire e a che cosa servano. La gente non è fatta tutta da conti, da marchesi e da industriali.

Urge misura e completezza.

E se le prediche come questa riescono, a che serve la Guardia di Finanza?

 

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