Persone inutili e necessarie

Lo stile è nettamente diverso. Giovanni Paolo II non si esimeva anche da qualche punta di stile teatrale: toni di voce cambiati, gesti ampi e coinvolgenti, il tempo lasciato passare senza troppa misura, catechesi che sembravano lezioni di teologia popolare, esortazioni vibranti perché le parole si imprimessero nel cuore della gente. Ciascuno di noi ha in mente questo tono predicatorio che si prendeva un pensiero e non lo lasciava finchè non lo avesse sviluppato in quasi tutti i suoi aspetti: con vigore e omiletico che, poco o tanto, obbligava a seguire gli interventi anche apparentemente più semplici come gli Angelus recitati alla finestra del Palazzo Apostolico del Vaticano la domenica mattina.

Cambiato il Papa, arrivato il professore col volto quasi infantile e con una cultura immisurabile, ci si attendeva che il pubblico in Piazza San Pietro diminuisse in queste circostanze. E invece, no. Gli ascoltatori crescono. Crescono e seguono con l’atteggiamento di chi accompagna nella preghiera. Tranne qualche lezione universitaria - bisogna pur concederla quando si parla tra accademici -, la durata degli interventi diminuisce di parecchio: Benedetto XVI dice ciò che deve dire senza tirarla troppo lunga; usa qualche minuto – non di più - per esporre un dato della dottrina cattolica, e poi passa a richiamare – come un elegante parroco di campagna – gli avvisi della settimana entrante.

In concreto, ha rammentato che mercoledì 21 c.m, festa della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, la Chiesa ricorda e invita a pregare per le persone consacrate che si dedicano al servizio dei poveri e si applicano alla contemplazione soprattutto nei monasteri di clausura.

E uno dice. Con tutti i problemi che ci sono nel mondo, occorre scomodarsi per queste donne che si nascondono e quasi si seppelliscono tra le mura del silenzio religioso e caritativo?

Sembrerebbe che no. Le suore e le monache calano di numero, quasi si vergognano di un abito che le mostra come consacrate al Signore, sembra che si sentano rubare il mestiere da un laicato non poco supponente e soprattutto coperto di diplomi, di titoli, di certificati di competenza. Mentre decenni fa le suore che ci accoglievano nelle scuole materne erano preoccupate soprattutto di laurearsi in una sorta di maternità spirituale che curava i bambini, gli anziani, i poveri e specialmente le delegava alla preghiera della Chiesa. Qualunque cosa facessero mamme, nonne, zie, operaie, inservienti, coltivavano soprattutto la laurea della carità femminile, verginale e materna. Anche le monache di clausura non estraevano dal mondo, e si ficcavano nel cuore del mondo per pregare a favore di tutti: dei genitori, dei taxista, dei meccanici, perfino dei sindacalisti. Senza dimenticare i preti, i quali han pure bisogno di salvare l’anima, di persistere nel pregare e nel manifestare la bontà di Dio che ha sì gran braccia. Senza dimenticare i monaci di clausura.

Non si obietti che il Papa si lascia portare da una qualche passamaneria ecclesiastica. Mancassero persone che richiamano a tempo pieno e con tutte le forze la presenza e l’azione di Dio nel mondo, non si riuscirebbe più a capire perché si lavora, si suda, si soffre e si spera: si spera di là dal 27 del mese.

 

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