La speranza cristiana.
Esercizio vigoroso ed umile del desiderio

I credenti e i cattolici che pur non aderendo alla fede cristiana, si interessano della visione redentivi che il Signore Gesù ha portato all’umanità: insomma, tutti quelli che snobbano le catechesine predisposte per i bimbi della prima comunione e magari non capiscono nemmeno questi bigini dei bigini della dottrina cattolica, se hanno voglia di avere un orizzonte aperto dell’essenza del cristianesimo come atteggiamento di speranza, si preparino a mettere a disposizione della lettura dell’ultima enciclica del Papa un tempo pacato e prolungato e una riflessione che non scivoli in diagonale sulle righe, come se si leggesse un abbecedario.

Si è di fronte a un'altura aspra e affascinante, che costituirà motivo di soddisfazione anche per gli intellettuali più esigenti. Oltretutto, pur affrontando un tema specifico quale è la speranza, Benedetto XVI traccia un orizzonte che costringe a una sintesi inclusiva di tutto il cristianesimo nei suoi elementi più significativi.

In questa nota ci si limiterà a evidenziare alcune osservazioni che serviranno soltanto da guida per una lettura approfondita e motivata. Ma , per favore, non si lasci cadere l’occasione di una visione globale e robusta per poi lamentarsi dell’ignoranza dei cattolici.

  1. La speranza non è riducibile alla cognizione di alcune formule: se si vuole arrivare subito al nocciolo applicativo della riflessione, bisognerà ripensare la formula paolina: “ Prima del loro incontro con Cristo, i credenti erano senza speranza e senza Dio nel mondo”.
  2. Non si abbia paura dell’astrattezza come di una lezione cattedratica: vengono richiamati anche santi che a fatica hanno raggiunto le elementari ( tipo Giuseppina Bakhita ) e altri medievali e più in su. Qui i fedeli hanno capito col cuore e hanno assimilato il Mistero: non hanno mandato a memoria soltanto delle formule.
  3. Sperare non significa sbarrare gli occhi e lasciare che la lezione di Dio penetri nell’uomo. Il linguaggio dell’enciclica è non soltanto informativo, ma anche performativo: cioè tende a trasformare la nostra vita per orientarci all’identificazione con la Chiesa e con il Signore Gesù.
  4. Sperare non è abbandonarsi lasciandosi portare da un vento bizzarro, ma è anche argomento di realtà che non appaiono e che sono più reali del reale.
  5. La vita eterna non è l’arrestarsi a beni finiti e passeggeri, ma affondarsi nell’abisso del Mistero divino, costituisce la letizia piena e perenne.
  6. La morte non è castigo immotivato: non ci fosse, rimarremmo per sempre incompiuti e dannati.
  7. Siamo orientati alla felicità totale che pure, per ora, non conosciamo; l’attesa ci rivelerà le meraviglie di Dio.
  8. L’idea di progresso e l’esercizio della ragione accendono la libertà che non si conclude se non nella Fine dell’universo.
  9. Illuminismo e poi marxismo cancellano la trascendenza e fanno precipitare il mondo nella vana verità dell’al di qua.
  10. La filosofia contemporanea si trova così costretta a misurarsi con le certezze cristiane, se non vuole trovarsi svuotata del proprio significato e un progresso autentico ha bisogno della crescita morale dell’umanità. Diversamente, tutto si confonde: non c’è più verità.

 

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