La figura del prete

 

Su un titolo come questo si può partire per un ampio e alto volo di teologia  per scoprire che cosa suggerisce la Scrittura sulla realtà del sacerdozio cattolico e poi per ordinare gli spunti raccolti in una sintesi che offra una visione teologica completa e profonda. Non sono queste le finalità di un articolo di giornale. Meglio prendere un dizionario biblico o teologico e spaccarsi la testa sugli spunti che la Bibbia offre e la Patristica raccoglie e la Scolastica ordina con la maggior logicità possibile.

Stiamo a ciò che vediamo attorno a noi oggi, nella vita usuale. Come si vede il prete? Come lo si desidererebbe?

Intanto, è da distinguere la pubblicistica popolare che dilaga sui giornali e sui settimanali circa il prete: anche la rappresentazione filmica, letteraria o umoristica: distinguere tutto ciò dalla realtà che si incontra senza trasfigurazioni e senza caricature. Molti notisti avvertono, di questi tempi, che raramente il sacerdote ha avuto tanta pubblicità. E non certo per invitare a intraprendere la via della consacrazione in seminario o oltre. L’immagine sacerdotale compare assai più spesso nelle vignette umoristiche, negli articoli di costume, nelle riflessioni un po’ svagate e un po’ irridenti che mostrano il ministro di Dio come una figura desueta, estranea agli schemi della moda corrente e dello stile di pensiero e di vita comuni. Si vada oltre: un certo vezzo di descrizione e di disegno del prete non si arresta nemmeno all’umorismo: passa a piè pari alla presa in giro più grossolana quand’anche non al disprezzo più volgare. L’umorismo è Arte difficile: soprattutto quando lambisce temi sacrali come la talare, la predicazione e la celebrazione dei sacramenti.

Qualche segno di disprezzo o di oltraggio, però, questa insistenza dissacrante l’ha lasciata. E passi per i sentimenti che avverte la gente comune e soprattutto che ribollono negli animi giovanili più irrequieti, quando soprattutto l’aspetto morale del cristianesimo si a avanti ed esige una presa di posizione risoluta, la quale si misura spesso con una debolezza di carattere che esita ad assumere delle decisioni etiche e soprattutto pencola quando si tratta di tenerne fede con costanza. Allora quello che doveva essere umorismo diviene sarcasmo e si traduce in un allontanamento da ciò che il prete è, fa e insegna. Non è raro che anche giovani pressoché analfabeti in fatto di cristianesimo si sentano in diritto di sdottorare su un “sentito dire cristiano” che di cristiano non ha assolutamente nulla. Il tema della libertà diviene qui prevalente e la norma morale avanza verso la ribalta della vita e appare come una prigione che disprezza l’uomo e lo mortifica. Poi le cose appariranno in modo diverso. Ma intanto occorre fare i conti con questa situazione.

Il tema va considerato anche “ex parte inferi” perché non si risolva in una celebrazione immotivata. Ciascuno conosce sacerdoti dotti, prudenti, capaci di ascolto e di comprensione, protesi a comunicare consolazione e a dare speranza. Così come conosce altri preti che, senza darsi l’aria di monaci un po’ goffi e malriusciti, riescono ad inserirsi nella società contemporanea e soprattutto nel mondo dei giovani: veste talare compresa. Non scandalizza una qualche sacralità del personaggio del prete, quando si è capito che ha scelto una funzione religiosa propria da svolgere: una funzione che può essere rifiutata, ma che merita sempre un certo rispetto. Non c’è bisogno di presentare un biglietto da visita con una sfilza di titoli che facciano tremare di rispetto e quasi di spavento. Penso assi più ai preti della pastorale dei ragazzi e dei giovani e ai parroci che non si curano né di leziosità letterarie, né di letteratura forbita, quando predicano. Molti nostri parroci raggiungono una tale semplicità da essere capaci di dialogare anche con le persone meno addottorate e tuttavia desiderose di certezze chiare capaci di scavare dei caratteri umani e cristiani sulla traccia del Vangelo.

Mettiamo che questa sia la norma. Ad attirare un’attenzione curiosa e quasi morbosa, però, sono altri sacerdoti: quelli che mettono ogni cura per camuffarsi da operasti, da contadinotti, da sindacalisti, da sportivi, o da disinvolti contestatori del  pensare e del vivere comune. Gesù Cristo sembra escluso dal loro linguaggio. Conoscono tutto sulle canzonette e sullo sport. Non esitano a sorpassare il limite delle barzellette spinte, pur di apparire come gli altri e più aggiornati degli altri nelle scemenze più deludenti. Non si vedono mai davanti al Signore a pregare con attenzione e con occhi e cuore fissi al tabernacolo. Non si lasciano irretire in discorsi su valori anche umani e non solo cristiani. Si mostrano conversatori disinibiti. Se proprio vogliono oltrepassare i limiti delle vacuità, i loro interessi si rivolgono ai margini dell’umanità normale: si dedicano, ma in maniera esibizionistica ai poveri, ai portatori di handicapp, ai drogati e così via. Purchè questi marginali abbiano la capacità di spogliare il prete della propria fisionomia e della propria missione. Il giorno dopo i fatti, osservano subito il giornale per controllare l’eco che hanno avuto le loro bravate. I ragazzi non imparano quasi nulla da loro né circa il Vangelo né circa il catechismo: roba vecchia e ininfluente. I genitori desiderano invanamente che la Prima Comunione, la Cresima ecc. siano gesti preparati con devozione ( devozione? Di che cosa si tratta? ). E così il prete, magari senza accorgersene, si trasforma in assistente sociale un po’ trasandato e un po’ sciamannato. E così dal prete non si attende la parola divina di consolazione e l’invito alla carità fraterna. Spesso il medesimo dialogare su diseredati si allarga al terzo mondo: dove non è possibile far giungere la propria opera: bastano i discorsi.

Dopo di che, il prete inizia a non pregare più o quasi. Se non rimane più ce attento a dominare le pulsioni istintive, lo si ritrova tra i ragazzini o i giovani a imparare o a praticare comportamenti non eccelsi. Eccezioni, certo. Ma ha uno strano sapere di saggezza l’intuito della gente semplice che vuole il prete il quale richiami il Signore Gesù nell’Eucarestia, nella Confessione, ecc.

Non si faccia di ogni erba un fascio. Si incontrano persone vestite di nero capaci di una gioia limpida e solare che nasce dal Tabernacolo e riesce ad essere comunicata agli altri. Ringraziamone il Signore. Siamo di fronte a punti di riferimento che guidano le idee e l’esperienza più autentiche.

A me uno dei fenomeni più traumatici è dato dal fatto che il tradimento di qualche prete rispetto ai suoi impegni sacri è visto quasi con approvazione e con compiacimento da persone che hanno salutato Dio da lontano.

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