Serve il Catechismo della Chiesa cattolica?

 

Come noto nel 1992 è uscito il Catechismo della Chiesa cattolica e nel 2005 il Compendio della stessa opera. Era un testo che si diceva atteso dalle genti: almeno dai cattolici, o da alcuni cattolici. Best seller per qualche mese. Lettura affrettata e non sempre conclusa. Lettura attuata non dalla comunità cristiana nella sua generalità, ma da alcuni credenti particolarmente interessati o armati di varie critiche, spesso preconcette.

L’impresa era stata messa in opera perché si continuava a recriminare contro il cosiddetto Catechismo di San Pio X, sinteticissimo ed espresso in termini rigidamente teologici al punto da esigere continuamente la spiegazione di parole desuete. L’impresa era stata messa in opera anche perchè si constatava l’ignoranza pressoché bovina di molti fedeli anche acculturati. Si conoscevano brandelli di frasi bibliche o liturgiche, ma mancava una sintesi che permettesse di cogliere il nocciolo della fede cristiana e diverse certezze dogmatiche e morali. Ecco, finalmente il risultato di un lavoro di sei anni elaborato da una Commissione di Vescovi e di Teologi, e rivisto da un gruppo di lavoro nominato dal Papa, includente Cardinali e Vescovi esperti nei vari settori.

Si sperava che il libro avrebbe rivoluzionato la catechesi. Un cardinale non tra gli ultimi ebbe a dire che dal Concilio Vaticano II in quasi quarant’anni non era passato quasi nulla della Dottrina cattolica nel popolo di Dio. Molti svolazzi di frasi a effetto. Analfabetismo quasi totale sulle verità fondamentali di fede e sui principi della morale cattolica. E si ammetta pure che una descrizione come questa sappia un poco di pessimismo; ma non ci si illuda troppo. Il Catechismo spesso è stato acquistato e infilato nelle biblioteche con cura per non sgualcirlo troppo. Per esempio: si conoscono ancora i comandamenti e i precetti generali della Chiesa? Si sa che per ricevere l’Eucarestia occorre essere in Grazia di Dio dopo aver ricevuto il sacramento della Penitenza? Si riesce ancora a interrogarsi con ordine per rilevare le colpe commesse da sottoporre al perdono di Dio? E perché l’obbligo della Messa festiva? E perché la Confessione almeno annuale? E come imbastirla? Si potrebbe continuare nella disanima della ignoranza supponente di certi cattolici evoluti (adulti?). E come si descrive Dio? E che cosa ci sta a fare nel mondo? E quale è la sorte dell’uomo al termine dell’esistenza terrena? Eccetera.

Veramente non si era mai chiacchierato di religione come dopo gli ani del Concilio Vaticano II. Solo che si dipendeva quasi sempre soltanto dalla Bibbia; si sapevano i nomi delle dodici tribù di Israele e magari anche le liste di coloro che avevano attraversato il Mar Rosso per entrare nella terra promessa. Si amava andare alla ricerca dei vocaboli nel loro significato originale, magari in greco o in ebraico. Ma non si aveva, in generale, una visione sintetica del piano di salvezza, con Cristo al centro, con lo Spirito inabitante nei giusti, con le schiere dei Santi e così via. Al punto che, dopo una predica forbita, si usciva di chiesa e non si riusciva a ridire ciò che si era sentito: termini strani, ragionamenti eterei, curiosità letterarie che non incidevano per nulla – o quasi- sulla vita. E ancora: il Signore Gesù, origine, centro e vertice della storia e della vicenda di ciascuno di noi era ridotto, quando e cose andavano bene, a una sorta di devozioncina a cui ricorrere nei momenti di difficoltà per condurre un’esistenza insignificante, senza alcun rapporto con il Redentore.

Il fenomeno derivava anche dal fatto che le case editrici più evolute si erano incaricate di redigere schemi di prediche raffinate che nulla o quasi avevano a che fare con la semplicità dell’annuncio cristiano; o si perdevano in preziosità che nulla o quasi avevano a che fare con la vita di ogni giorno e con il lavoro otto ore al giorno. Per non parlare dei commenti al Vangelo delle varie riviste settimanali o mensili destinate ai sacerdoti: divagazioni; svagatezze; e se uno riusciva a identificare la rivista da cui il prete copiava, comprendeva benissimo che non c’era gran che da comprendere.

Adesso il Catechismo c’è. Va letto e riletto. Va meditato davanti al Signore per coglierne il significato e il gusto. Se no, la Chiesa di domani sarà fondata sulla carta e non sulla roccia: una carta da mettere accuratamente nell’archivio segreto del cestino dei rifiuti.

C’è lavoro da compiere. La gente attende non passamanerie religiose, ma il pane solido della Parola di Dio meditata e proposta dalla Chiesa di oggi. E se qualcuno si offende per queste osservazioni un po’ trancianti, le cancelli, ma si metta a seguire il Magistero che insegna a conoscere e ad amare il Signore.

Un’appendice: se i credenti, soprattutto i ragazzi, non vengono messi a confronto con l’oggettività di un insegnamento e di una realtà sovrannaturale, quasi istintivamente si affidano a genialate abbastanza mosce scambiandole per l’ortodossia o per qualcosa di meglio. E sia chiaro: l’ortodossia autentica oggi è la proposta cristiana più originale e perfino paradossale. Invito al Catechismo.

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