Libertà religiosa in vista della poligamia?

 

In questi giorni il responsabile della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, di Rifondazione comunista, parlando della nuova Legge sulla libertà religiosa che è in discussione presso la prima Commissione della Camera, ha reagito ad un intervento reso martedì scorso, dal Segretario generale della CEI Mons. Giuseppe Betori. Il rimprovero fatto dal rappresentante della Repubblica al Segretario dei Vescovi Italiani ha descritto “come fatto preoccupante di integralismo un po’ oscurantista pensare che il Paese non sia maturo per una Legge sulla libertà religiosa che metta in discussione il Concordato”.

Proteste da parte di esponenti del centro destra e dei cattolici dell’Unione. Il rappresentante del Governo ha ammesso che “la CEI non ha obiezioni al fatto che lo Stato Italiano si doti di una Legge che, senza mettere in discussione il Concordato, superi quella sui culti ammessi nel 1929. Il Ministro di religione valdese aveva perfino auspicato che la posizione dei Vescovi non venisse tenuta in considerazione dal Parlamento.

Il Segretario della CEI ha manifestato “stupore e sconcerto”. “Infatti, in nessun punto dell’intervento di Mons. Betori si affermava e neppure si alludeva a una presunta ‘immaturità’ del Paese per una Legge sulla libertà religiosa”.

Dietro queste schermaglie apparentemente legali e procedurali stava “la necessità di evitare il rischio di non alterare i caratteri costitutivi del sistema costituzionale del fenomeno religioso e particolarmente della famiglia. Gli articoli 7 e 8 del Concordato (sulla Chiesa Cattolica e sulle altre confessioni religiose) venivano citati dal comunicato della CEI.

Qualche giorno dopo, alla Camera, si è chiarito l’intento della proposta: i membri della consulta islamica avevano presente il problema della poligamia. L’omissione del richiamo al Concordato con le disposizioni sulla famiglia monogamica rischiava di introdurre in Italia l’istituto della poligamia, nel caso che la seconda o la terza moglie non fosse registrata ufficialmente nei registri di matrimonio. Queste donne, di conseguenza, rimanevano senza alcun diritto di mogli. Dopo un confronto abbastanza serrato tra rappresentanti islamici, il vice presidente del Coreis Yahya Pallavicini ha ammesso che la nuova Legge non deve costituire un’alternativa al prezioso strumento dell’intesa, generando “una disparità di trattamento” rispetto ad altre religioni e precludendo la possibilità di beneficare dell’otto per mille.

Come si vede l’argomento vero del confronto non era una questione giuridica astratta, ma la possibilità di ammissione della poligamia nella legislazione italiana e la rivendicazione del diritto dell’Islam in Italia di essere sovvenzionato della tassa dell’otto per mille.

Occorre tenere gli occhi aperti anche sui problemi apparentemente più lontani dalla incidenza sulla vita pratica civile. La religione e la legislazione possono servire come tranelli per ottenere ciò che non viene nemmeno nominato.  Soprattutto quando ci si confronta con le formazioni religiose musulmane.

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