Prepariamoci ai Pacs

Mesi fa in diverse città italiane era stato predisposto una sorta di registro che, senza pretendere di porsi come testimonianza di una legge dello Stato, facesse una sorta di censimento delle persone che – omosex o bisex – volevano convivere more uxorio (chissà come facevano) per essere annoverati tra coloro che ricevevano vantaggi soprattutto economici di chi ha una famiglia vera e propria. Due giorni fa a Padova il registro si è esteso alla città. Ieri l’altro le forze di maggioranza politica hanno votato un ordine del giorno con cui si impegna l’esecutivo a presentare un disegno di legge che, quanto a diritti, equipari le coppie di fatto alle famiglie così come erano state pensate e attuate per secoli. In una notte breve si è corretto il disegno che Dio ha pensato lungo secoli.

La novità sta nel fatto che i pacs saranno davvero considerati come matrimoni a loro modo: almeno matrimoni di secondo grado, invece che limitarsi a tutelare i diritti delle singole persone. Non si obietti che la questione è di lana caprina: includere nel codice qualcosa che somigli a un matrimonio, con i diritti e i sostegni propri di chi prende una decisione dinanzi a una società, ma senza i relativi doveri, non è affare di poco conto. Si può dire subito che la scelta dei due - o dei tre o dei diciassette: chi li conta? – non è motivata da una decisione unica e irrivedibile; non è motivata nemmeno da quello che si usa chiamare “orientamento sessuale”. Il nucleo pacsista si forma soltanto in base a relazioni sentimentali; la loro stabilità dura finché la si vuol far durare. Se si intende valutare la situazione dal punto di vista psicologico, ancor prima che morale, si ammetta con dolore che questo progresso è un ritorno all’adolescenza.

C’è, invece, un vantaggio nel nascere di queste unioni: le tasse saranno pagate in base alla struttura della famiglia e non a un’accozzaglia di capricci. L’articolo 39 della Costituzione parla di famiglia come istituto naturale, non come invenzione lunga o corta, quasi l’amore dovesse essere fresco come le uova di giornata. Si prenda atto che si sta compiendo una virata culturale da capogiro. E tuttavia si agisce con la leggerezza di chi sceglie un dolce da una vetrina di pasticceria.

E si ammetta che il governo in carica non aiuta molto a capire ciò che vuole anche in questo campo. Papa Ratzinger ha sentito recentissimamente dal presidente Napoletano la rivendicazione irrinunciabile della famiglia fondata sul matrimonio e prima responsabile dell’educazione.

I parlamentari sembrano dividersi più in base alle ideologie, che al bene degli sposi e dei figli: Qualsiasi incoraggiamento a metter su casa senza sposarsi è un declassamento dell’amore, secondo Benedetto XVI e la tradizione cristiana e umanistica dell’Occidente. Col tempo, invece di avere delle comunità di un uomo e di una donna fondata sull’amore autentico e aperta ai figli, si avrà l’impero della provvisorietà, quand’anche non della stravaganza; e i due che si uniscono, se pure vestono abiti bianchi sontuosi e sono coperti di fiori immacolati, si preparano a diventare due solitudini e poi due disperazioni.

Il cristianesimo ha una parola chiara da dire in proposito. Gli inventori dell’estro pseudomatrimoniale aspettino qualche tempo per accorgersi d’aver raggiunto la condizione di una società lurida e marcia. Si tratta di riflessioni umane prima ancora che di fede.

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