Dopo l’indulto, quanti sono stati liberati?

Quando i carabinieri vogliono sapere qualcosa di sicuro di ciò che è capitato in una borgata, vanno dalle autorità costituite; però in segreto - ed è ciò che a loro interessa di più -, vanno dal parroco. Egli non ha interesse a schierarsi per una parte o per l’altra. I giornalisti minimamente intelligenti non si fidano troppo dei dati che i politici forniscono: i quali politici sono capacissimi di contare voti ed euro, ma meno sciolti per offrire le situazioni sociologiche svincolate da ideologie.

La questione dell’indulto recente. Capisca qualcosa chi riesce. Il ministro Giuliano Amato si dice rincresciuto del fatto che lui stesso ha provocato. Il ministro Mastella parla di 24.000  detenuti usciti. Il governo assicura che dovevano uscire 12.000 detenuti e non 24.000. Capisca chi può.

In questi giorni Monsignor Giorgio Caniato, il capo de cappellani degli istituti di pena da quarantadue anni, assicura che ciò che è avvenuto poteva tranquillamente essere previsto dai ministri, dai sottosegretari e forse dagli usceri. Sono rientrati, per ora, in carcere 1500-2000 persone.

La diceria politica che va per la maggiore insiste sul fatto della indulgenza del gesto di indulto. 61.000 detenuti sono raggruppati in carceri con 43.000 posti. E poi, quando i ventiquattro o dodicimila carcerati vengono messi in libertà, che cosa possono fare? dove trovare un alloggio passabile? dove procurarsi il cibo per il periodo immediatamente seguente la liberazione?

L’indulto appare così, poco o tanto, come un palliativo. E la gente ha pure il diritto di sapere come stanno le cose. E la gente ha pure il diritto di sapere che queste liberazioni da indulto intasano in modo orrendo il lavoro della magistratura, la quale è costretta ad agire inutilmente. E la gente ha pure il diritto di sapere se una pena inflitta è una pena, o un momento di un gioco a guardia e ladri.

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