Don Verzè staccò la spina e fece morire un amico

In Italia e all’estero sono molti a conoscere per fama Don Luigi Verzè, ottantasei anni, fondatore dell’Ospedale, del Centro Ricerche e dell’Università San Raffaele. Si parla di eutanasia e racconta di un suo carissimo amico che soffriva enormemente. Non lo si voleva perdere. Stava attaccato ad un respiratore artificiale: “ Io non posso più vivere senza questo respiratore, perciò ti prego, staccami.”

Don Verzè col cuore che piangeva staccò la spina. In quell’istante guardò il Crocifisso che dominava il suo studio. “ Lo hanno lasciato morire, certo. Ma Lui poteva scendere dalla croce e invece si è lasciato morire per amore”.

Che cosa centri il modo di morire di Cristo che si dona per la salvezza degli uomini, con questo staccare la spina, non si riesce bene a capire. E non solo perché allora non c’era la luce elettrica. Di mezzo c’era l’amore di Cristo per la salvezza degli uomini. “E’ cosa diversissima uccidere e non tenere in vita con ostinazione una persona. Se una persona vive così, solo grazie alle macchine,e chiede lucidamente di essere staccato,  io credo che farlo possa essere un atto di amore, un gesto cristiano”.

Non si tratta, dunque, di un suicidio. Nemmeno di un omicidio, forse. “E’ difficilissimo stabilire cosa è l’accanimento terapeutico: siamo nella “zona grigia” allora bisogna educare la gente alla responsabilità”. “ La Chiesa fa benissimo a porre dei limiti all’eutanasia attiva: ecco un punto è riconoscere la propria ignoranza come medici; un altro è arrogarsi il diritto di decidere quando uno deve morire”. “ Non accetto il testamento biologico perché nessuno è padrone del proprio momento di morire.” Accetto di morire perché un Altro mi introduce in un giudizio che spero di beatitudine. E questo Altro non è Don Verzè.

Del resto, il morire è consegnarsi alla bontà di Dio, non scegliere il momento e il modo di spegnere la vita terrena. Si tenga poi presente che il post-mortem è vita – migliore o peggiore di quella che viviamo – e non abbiamo noi i comandi per farla nascere, farla ammalare, farla morire. Alla fine, a ben pensarci, noi siamo nemmeno di noi stessi.

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