Lezioni di morte al liceo

Ieri l’altro al liceo Einstein di Torino, i ragazzi che si autogestiscono la scuola – come si dice – hanno invitato il professor Silvio Viale, un esponente radicale, ex studente di quella scuola e ginecologo, a presentare un filmato sull’eutanasia, senza alcun dibattito: rimandando semmai la discussione al giorno dopo, quando il messaggio del documentario era già passato.

Nessuno nega che il tema della morte sia tra i più acuti anche tra gli adolescenti, almeno attraverso fantasie suicidarie. Ed è difficile negare che anche nella cultura diffusa l’argomento prema dal fondo dell’animo: suicidi che si consumano e si moltiplicano e, di contro, tutto un rituale umanissimo dato dal cristianesimo per prepararsi a cadere nelle gran braccia di Dio. Diverso è il discorso se il tema viene discussi a freddo in un’aula di liceo.

Il fatto può apparire isolatissimo e chiuso in se stesso. E invece. E invece proprio in questi giorni viene presentato dalla Rosa nel pugno un disegno di legge che, nell’applicare l’eutanasia, non si arresta neppure alla maggiore età.

Un gruppetto sparuto di parlamentari o di aspiranti tali. Articolo 11 del disegno di legge: “Se un bambino è in condizioni terminali, non reversibili e i coma vegetativo persistente, la mamma o il papà possono rinunciare al sostegno di trattamenti artificiali, scegliendo di far staccare la spina”. E così i minori sono meno tutelati degli adulti.

Quando si perde di vista la preziosità assoluta della persona.

Guarda caso, l’esponente radicale Silvio Viale, ginecologo, lascia che durante la lezione venga distribuito un dépliant di spiegazione sulla pillola abortiva RU486.

Come denominare queste e simili iniziative? Passi di un cammino verso la libertà? Conquiste civili? Il fatto è che si tratta di morte nei due casi. E il medico, che dovrebbe curare la salute del malato, si trasforma in becchino, per non dire altro.

Va’ a capire la logica radicale. Lascia la libertà di morire. Ma quella di vivere?

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