Diritto di cronaca a ogni costo?

La notizia è di quelle che sfuggono facilmente. E perché si riferisce soltanto a due persone. E perché queste due persone sono sacerdoti missionari di cui si sente spesso parlare di persecuzione e perfino di martirio.

Sull’ultimo numero de L’Espresso Angela Camuso racconta di una intervista raccolta da due missionari cinesi: missionari della Chiesa legata a Roma, non di quella dipendente dal governo. E si sa che i sacerdoti pienamente cattolici vivono in una condizione di clandestinità.

La notizia, alla giornalista de L’Espresso sembra così importante – e lo è -, che non evita di riportare anche nomi e cognomi dei missionari. Tre. Due dei quali – riferisce l’agenzia Asianews – qualche giorno dopo sono arrestati e imprigionati. Si sa che il carcere in Cina non è un albergo a quattro stelle. Va da sé che la polizia di Stato risale ai due incriminati a partire dalla inviata speciale.

Il fatto avrebbe avuto l’identica rilevanza, se fossero stati omessi i nomi: il cinese non è proprio come il dialetto nelle varie regioni italiane. Ma la cronaca sarebbe stata forse incompleta. Ed ecco i due missionari serviti per lo sfizio di una giornalista forse più insipiente che sleale.

Padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, commenta: “E’ una vergogna che in un paese come la Cina, la quale insiste nel rivendicare un ruolo come potenza economica mondiale, si finisca in carcere solo perché si risponde alle domande di una giornalista”. Un altro appunto è di padre Gheddo: “Usare i nomi e i cognomi non cambia nulla nella sostanza della notizia. Voglio dire, se in Italia sappiamo che il sacerdote si chiama Wang Kian o Shu Rang” non vengono interessati maggiormente o diversamente i lettori de L’Espresso. Le conseguenze cadono tutte sui preti messi arrestati.

Si può parlare di autoregolamentazione o di deontologia professionale giornalistica. Forse è più opportuno chiamare in causa il buon senso che nel caso sembra mancare. Attilio Tamburini, direttore della sezione italiana de L’aiuto alla Chiesa che soffreafferma: “Copriamo il più possibile l’identità dei nostri interlocutori proprio perché sappiamo a quali rischi possono andare incontro”. Non occorre un genio per capire queste reticenze.

Ho riportato il fatto non solo per i due sacerdoti arrestati, ma per segnalare l’imprudenza a cui può portare la febbre della notizia. L’importante è informare. Se qualcuno soffre per questa impuntatura, si aggiusti.

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