Le cronache del viaggio papale

Sono diversi gli stili che la stampa propone per raccontare le giornate di visita a Colonia da parte di Benedetto XVI.

C’è chi si diverte a registrare le gaffes dell’organizzazione. I ragazzi devono aspettare ore per avere il sacchetto del pranzo e poi si accorgono che non ce ne sono abbastanza. Una poltrona preparata per il papa, che traballa e va cambiata. Benedetto XVI che non si inginocchia a baciare la terra di Germania appena scende dall’aereo. Il papa che vede svolazzare lo zucchetto e viene coperto sul volto dalla mantelletta di rito. La croce della Giornata che si rompe e che va rabberciata frettolosamente. Ecc.

C’è chi osserva il profilo politico della visita. Il presidente Kohler che ricorda Ratzinger ragazzo o quasi iscritto tra le fila della contraerea durante la seconda guerra mondiale. La preoccupazione delle autorità civili di sfruttare la visita papale per “sdoganare” la Germania rispetto al nazismo e all’olocausto. E il sommo pontefice che non accoglie alcuna provocazione e parla di gioia di ritornare nella sua patria, ora che ha una responsabilità religiosa universale. Ecc.

C’è chi sta a guardare come si comporterà papa Benedetto negli incontri con i protestanti, gli ebrei e soprattutto con i musulmani. Non è agevole arrivare da successore di Pietro nella nazione dove è nato Lutero. Occorre riparare la dimenticanza di Israele nel discorso dei giorni passati sulle persecuzioni subite dai popoli. Ma soprattutto, quale atteggiamento terrà il papa con i musulmani, specialmente tenendo presente che proprio in Germania e a partire da Colonia si è stabilito un rapporto stretto e una sorta di egemonia dei “fratelli musulmani” – una formazione islamica tra le più intransigenti, pur non identificandola con i terroristi o addirittura con i kamikaze? -: qui sta il punto da tenere sotto osservazione in modo attento per poter parlare di buonismo, di condiscendenza, di resa nei confronti delle file maomettane e così via, oppure di iniziare a scorgere un distacco e un giudizio più severo verso l’islam. Si vedrà.

Il fatto è che Benedetto XVI non è andato a Colonia né per motivi turistici o folcloristici, né per motivi politici, né soltanto per verificare dei rapporti interreligiosi. Non a caso le Giornate si chiamano della Gioventù e sono mondiali, cioè giocate sul registro della fede più che su altro.

Se non si bada a questo aspetto, si rischia di non capire assolutamente nulla di ciò che avviene a Colonia in questi giorni. Suppergiù un milione di giovani. E non per un concerto di musica leggera o per protestare contro qualche schieramento politico. I ragazzi manifestano i loro sentimenti secondo un modulo proprio che talvolta assomiglia alla claque da stadio. Né si dovrà giurare che tutti i presenti siano cristiani a diciotto carati o pronti a una conversione subitanea e radicale. Però, il papa parla a tutti – anche a coloro che non sono battezzati e non credono – invitandoli ad aprire il cuore per permettere  al Signore Gesù di parlare loro e di offrire loro la felicità che invano cercano altrove. E si dica che è poco.

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