Ciò che non è / ciò che è
la risurrezione di Cristo

A Pasqua l’attenzione di molti si rivolge al fatto più sconvolgente della storia umana: la risurrezione di Cristo. La quasi incredibilità di questo avvenimento è tale per cui studiosi anche di vaglia hanno tentato di spiegarlo senza ricorrere a un intervento straordinario di Dio. La successione degli eventi non sarebbe: il fatto storico, poi le apparizioni e in seguito la nascita della fede; si partirebbe, invece, dalla fede, per estasiarsi di fronte a presunte visioni che sono state poi interpretate come avvenimento reale.

Possiamo avvicinarci alla comprensione di questo mistero iniziando a eliminare alcuni concetti devianti. La risurrezione non può essere confusa con una vita terrena che continuerebbe senza termine e segnerebbe una povera vittoria sul tempo. E’ quanto ha compreso il procuratore Festo il quale afferma che alcuni giudei “avevano con lui [Paolo] alcune questioni inerenti la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita” (Atti 25, 19).

La risurrezione non è nemmeno da identificare con l’immortalità dell’anima di un uomo – di Gesù, nel caso –, il cui corpo sarebbe abbandonato alla decomposizione. Una simile concezione è abbastanza estranea alla mentalità degli apostoli di fronte al risorto.

La risurrezione non è nemmeno da confondere con un qualsiasi richiamo alla vita, rivolto a un morto, come sarebbe il caso del figlio della vedova di Naim e di Lazzaro. Qui ci troveremmo di fronte a un miracolo che non sembra toccare le corde più segrete della gioia umana, se si pensa che la morte è un castigo del peccato, e comunque il risorto deve ancora morire.

No. La risurrezione del Signore Gesù è una novità assoluta da considerare con timore e festa trepidante. Il timore, del resto, è il primo sentimento che nasce nell’animo degli apostoli turbati dagli avvenimenti della Domenica di Pasqua.

Il sepolcro vuoto è il segno del risveglio del crocifisso  che sulla croce ha emesso lo Spirito ed è entrato nel silenzio della morte per uscirne con l’alleluia della vita oltre la morte: una vita umana, ma raggiunta dalla gloria di Dio. Con il sepolcro vuoto sono da considerare le apparizioni alle donne, a Pietro, agli Undici, a Paolo, alle più di cinquecento persone alcune delle quali vivono ancora mentre Paolo scrive.

In alcuni passi si dice che Cristo è stato strappato dalla morte per iniziativa del Padre; in altri passi si sostiene che è lo stesso Signore Gesù, per forza propria, a uscire dal sepolcro. Le apparizioni, poi, non sono descrivibili come visioni, ma hanno il timbro del mostrarsi, del lasciarsi vedere da parte di Cristo; e in ciò egli viene riconosciuto. Cade la diffidenza dei testimoni i quali ammettono con difficoltà la meraviglia di Dio.

Il risorto è lo stesso crocifisso che ha provato l’oltraggio del morire, ma adesso si presenta come un uomo che è lo stesso della passione ed è nuovo nella redenzione. Giovanni, dopo aver vissuto del tempo con il Signore Gesù, entra nel sepolcro da cui era stata tolta la pietra; “vide e credette”: probabilmente vide il sudario ancora intatto nella sua forma avvolgente il cadavere, ma vuoto.

Si inizia a entrare nella logica della risurrezione quando si pensa che “Dio consacrò in Spirito santo e potenza Gesù di Nazareth” il quale entra nella gloria e siede alla destra del Padre: vale a dire, condivide la magnificenza e la capacità di salvezza di Dio stesso.

Così Cristo “è costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti”: si pone come l’unico salvatore degli uomini e del cosmo.

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