Come è noto in data 25 marzo c.a. la Congregazione vaticana per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti ha emesso una Istruzione sul dovere di correggere gli abusi che si constatano nelle celebrazioni liturgiche e specialmente durante la S. Messa. A scorrere queste poche pagine ci si accorge di quanta disinvoltura e di quanta ignoranza dilaghino nella comunità cristiana di oggi circa la celebrazione dei riti santi. Non mancano perfino disinvolture che vanno contro la volontà di Cristo e che talvolta rasentano la comicità, se non si trattasse di cose serie e sacre.

        Il Vaticano è intervenuto per recare un po’ di ordine in questa materia. Senza toni bruschi che provocherebbero magari reazioni opposte. Con soavità, piuttosto, così da convincere a una sorta di autocorrezione. In generale, però, sembra che, accanto al potere legislativo ed esecutivo, nell’Autorità manchi oggi il potere giudiziario e – lo si dica come si vuole – punitivo.

        Si esortano i vescovi a compiere il loro dovere in tema. Si rimanda al Codice di Diritto canonico del 1983, che largamente è già disatteso. Si motivano e si supplicano vescovi, sacerdoti e fedeli a compiere il loro dovere in fatto di liturgia. La quale liturgia non è una sorta di questa sera si recita a soggetto, ma la fedele e devota attuazione della volontà di Cristo interpretata dalla Chiesa. Leggo in una rivista furba ma che si presenta come cattolicissima: “Errori liturgici”. Recezione: no. E’ un po’ questa l’aria che tira tra credenti semiacculturati e disinibiti. L’Autorità teme. Al punto che invita non solo i preti ma anche i fedeli a comunicare ai vescovi e alla stessa Santa Sede eventuali abusi liturgici che riscontrano nelle diverse celebrazioni: ogni cattolico, sia sacerdote, sia diacono, sia fedele laico, ha il diritto di sporgere querela su un abuso liturgico presso il vescovo diocesano o la Santa Sede. E’ bene, tuttavia, che la segnalazione o la querela sia, per quanto possibile, presentata dapprima al vescovo diocesano. Ciò avvenga sempre con spirito di verità e di carità.

        Nulla di nuovo, a ben guardare. Ma insorge il sospetto che l’esercizio dell’autorità ecclesiale venga fatto apparire quasi come una costrizione imposta dai fedeli. I quali, quando si muovono in questo campo, non sempre manifestano competenza e misura. Diciamo una Chiesa abbastanza impaurita? E chi comanda? I più queruli e petulanti?

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