In questi giorni la magistratura olandese ha autorizzato la clinica universitaria della città di Groninger a praticare l’eutanasia su ragazzi aventi malattie non guaribili e oppressi da dolori intollerabili. La botola degli orrori si va approfondendo. Ormai un aborto legale assomiglia a un raffreddore o poco più: può essere praticato a casa; addirittura può essere consumato chiamando il medico a domicilio. L’eutanasia applicata agli adulti – soprattutto ai vecchi con tutte le loro pretese e le loro fisime – è ormai quasi norma: una iniezione endovenosa e non c’è fastidio né di rivoltella, né di coltello, né di veleno. Una sorta di operazioncina quasi insensibile. Una simile prassi vale per l’età adulta: per l’Olanda vale anche dai dodici ai sedici anni con l’obbligo di autorizzazione firmata dai genitori.

E’ ovvio che si insista molto sulla gravità dei casi – dolori insopportabili, stanchezza di vivere, rifiuto di qualsiasi consolazione – e una situazione clinica che non dia più speranze di riavere la salute. E una condizione imprescindibile è che a pronunciarsi definitivamente sullo stato di salute del malato in questione sia un medico indipendente. (Indipendente da che cosa? Da legami di sangue? Da affinità elettive? Da concezioni filosofiche per nulla neutre? Da appartenenze ad associazioni che orientano alla morte? Ecc.).

La notizia può anche non essere eclatante, se la si considera dal punto di vista logico. Se si può ammazzare un bimbo di qualche giorno, che ha ancora tutta la vita da percorrere, si può – in ipotesi – a maggior ragione abbattere un cinquantenne o anche più o anche meno.

Rimane sempre il dubbio della misurazione del grado di sofferenza che il malato sta soffrendo. Così come non si possono sottacere analgesici che forse offuscano la consapevolezza, ma tolgono o quasi qualsiasi dolore. Il problema più serio, invece, è quello del consenso che i responsabili del paziente, ragazzo o adolescente, possono dare con cognizione di causa. Come stabilire una specie di sofferenzometro infallibile? E come valutare l’intenzione del giovane malato il quale magari ha un grande desiderio di offrire il proprio dolore da unire a Cristo per la salvezza dell’umanità? Misteri. Disinvolture sciagurate, più che misteri. Il sopruso più invasivo e opprimente è che una persona adulta si sostituisce a un’altra giovane, attribuendosi diritti che nessuno può dargli: nemmeno l’infermo, se questo viene trattato con cura. Spesso eutanasie a diverse età trovano terreno propizio perché la malattia costringe a vivere soli e trascurati. Allora si invoca la fine. Anche a dodici anni.

Siamo in una cultura della vita e della felicità? E quando inizia la soglia della sofferenza che permetterebbe la soppressione di un giovane? Di questo passo si può giungere a identificare coloro che hanno il diritto di continuare a esistere, e coloro che no. Si fermi la fantasia per non alludere a drammi spaventosi. Ma questi drammi sono ormai a portata di mano. Il tutto in nome di casi detti disperati e magari soltanto bisognosi di affetto.

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