Il 4 maggio scorso il Vaticano ha pubblicato una Istruzione circa la carità di Cristo che bisogna avere verso i migranti. La grande informazione non ha dato quasi alcuno spazio al documento. Eppure tocca argomenti che si presentano sempre più frequentemente e con sempre maggiore asprezza. Si ponga il caso di cattoliche le quali si decidano a sposare islamici (il caso contrario è assai più raro). Il testo procede con considerazioni alte e pacate. Sembra quasi negare qualsiasi problema in proposito. Poi, però, si sente costretto, per non rimanere a mezz’aria, ad ammettere che “in caso di richiesta di matrimonio di una donna cattolica con un musulmano… per il frutto anche di amare esperienze, si dovrà fare una preparazione particolarmente accurata e approfondita durante la quale i fidanzati saranno condotti a conoscere e ad ‘assumere’ con consapevolezza le profonde diversità culturali e religiose”. Si raccomanda ai futuri coniugi cattolici di non firmare nessun impegno di fede.

         Ormai è come una litania, il discorso sugli islamici. Giustamente non li si mette tutti nella categoria dei terroristi, tra gli integralisti e gli intolleranti. Ve ne sono di quelli che lavorano sodo e mantengono la loro famiglia con la loro fatica. E, tuttavia, non si potrà fare di ogni erba un fascio né in senso buonistico né in senso cattivistico. C’è il buono e il gramo anche tra di loro.

         Di più, c’è tutta una dottrina teologica da superare per giungere al dogma dell’incarnazione. C’è tutta una prassi orazionale che sembra guardare più ai gesti esteriori che al cuore e alla coerenza della vita. C’è tutta una sequela di prescrizioni riguardanti la donna e il matrimonio e il possesso dei beni e il compito dell’educazione dei figli e della gestione della casa ecc. Non è agevole anche tra gli sposi raggiungere la reciprocità del riconoscimento che è dovuto alla fede dell’uno e dell’altra. Per non parlare della soggezione della donna rispetto al marito in fatto di vestito, di istruzione, di comportamento pubblico ecc.

         All’epoca dell’innamoramento – anche se si è avanti negli anni – tutto può sembrare facile e perfino divertente. Poi, le cose cambiano, quando si iniziano a comprendere i difetti e i limiti dell’altro e magari si giunge alle busse. Con i bambini che spesso non sanno più riconoscere il Padre o Allah, il ramadam e la quaresima, la vendetta e il perdono. Un gran guazzabuglio di convinzioni e di prescrizioni.

         In astratto le cose possono filare lisce in maniera splendida. In concreto, quando la vita si veste di ferialità, anche un panno che copre la testa può diventare motivo di divisione. Si vedano i francesi che, in proposito, hanno quasi imposto un agnosticismo di Stato.

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