Tempo fa il Comitato nazionale di bioetica ha elaborato i principi che dovrebbero guidare l’estensione di una legge sul “Testamento biologico”, più elegantemente chiamato “Dichiarazioni anticipate di trattamento”. In gioco è la manifestazione di volontà circa il modo in cui un malato chiede di essere assistito soprattutto quando è prossimo alla morte.

        In forma scritta l’interessato può esprimere i suoi intenti sulle cure che non desidera più ricevere se, durante una malattia, non fosse in grado di manifestare la propria scelta. Anche se il medico non è vincolato a tale dichiarazione, si è di fronte – forse – all’esercizio di un diritto: il diritto, cioè, di far cessare la somministrazione di farmaci e la pratica di interventi chirurgici nel caso in cui tali terapie avessero soltanto il fine di prolungare una vita ormai irreparabilmente debilitata. In altri termini, l’infermo domanda di non subire un accanimento terapeutico non orientato a una salute da riacquistare, ma soltanto a una esistenza, magari inconscia e soltanto vegetativa, da protrarre.

        Va da sé che non vengono presi in considerazione interventi medici non rilevanti, e l’idratazione e l’alimentazione artificiali: trattamenti, questi ultimi, considerati “non medici”, che non potranno essere sospesi. In fondo è come se il malato dicesse: nel caso cure vere e proprie non fossero più efficaci, non curatemi più: preferisco morire in pace senza essere inutilmente tormentato. Ciascuno può vedere quanto disti l’orientamento descritto dall’ eutanasia “attiva”, e cioè da un intervento teso a uccidere una persona.

        E’ comprensibile qualche esitazione dell’infermo nell’ipotesi che si raggiungano con il tempo nuovi metodi terapeutici. Così come è comprensibile una certa ritrosia da parte del medico che subisce la sospensione delle cure come una sconfitta.

        Ancora una volta l’informazione ha interpretato il parere del Comitato come un compromesso tra cattolici e laici, mentre si tratta soltanto di buon senso. Brutto vezzo. Il cattolico può sperare fino all’ultimo nel miracolo. Ma è altra questione.

        Attenzione a che la legge, futura, malinterpretata non avvii insensibilmente a una eutanasia occulta ma vera. Si sarebbe così a un suicidio per interposta persona. Tutt’altro discorso è l’accompagnare il malato terminale o lasciarlo morire in una desolata solitudine.

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