Qualche giorno fa anche un esimio rappresentante della Sinistra italiana ha ammesso  che la storia anche recente va raccontata per intero, senza soverchie censure e manipolazioni. Poco importa se quell’intervento pur autorevole sia finito nelle pagine interne del giornale di partito, quasi a dissuadere il lettore dal prenderne atto. Eppure il rilievo circa la completezza del racconto delle vicende storiche anche appena passate presenta un aspetto di eticità innegabile: è quanto dire che la verità circa avvenimenti storici che abbiamo appena appena alle spalle va rivelata secondo i documenti che si hanno tra mano e che via via si vanno scoprendo, e non in base a una prospettiva ideologica che costringe a uno strabismo, quand’anche non a una sorta di cecità almeno parziale.

        Libri come “Il sangue dei vinti” di Pansa, o – in termini più elaborati, ma non meno efficaci – “La resistenza cancellata” di Ugo Finetti (ed. Ares), per stare a studi ancor freschi di stampa, non possono non indicare un nuovo stile di fare storia. Si tratta di analisi a loro modo innovative, almeno rispetto a una sorta di vulgata storica che si era imposta si può dire da sessant’anni. Nessuno nega la drammaticità di fatti criminosi compiuti in nome del nazismo: compiuti dai tedeschi o dagli italiani fosse pure per mimesi sciagurata. L’elenco dei lager o di qualcosa di simile non va assolutamente dimenticato, se si intende tener desta la ragione perché non si pieghi alle atrocità cui ha pur tentato di dare pseudogiustificazioni. Adesso che vengono alla luce sinistre tragedie rappresentate dai gulag, non si riesce a capire perché si debba mettere la maschera o il silenziatore a queste nefandezze contro l’umanità.

        Certo, scoperte recenti possono mettere in difficoltà alcuni schemi narrativi elaborati al servizio di disegni politici o di un intento pedagogico fondato sulla menzogna. E tuttavia, fare i conti con il proprio passato è compito indilazionabile di ogni movimento e di ogni persona. Almeno per purificare la memoria da lacrime e sangue, e per assumere posizioni consapevoli delle conseguenze a cui portano quasi inevitabilmente determinate premesse. Il rilievo non ha nulla di politico in senso degenerato. Presenta un proprio significato e un proprio valore anche a una considerazione puramente umana – laica, se si vuole. Dopo di che, schieramenti opposti per pregiudizi – da qualsiasi parte derivino – possono sentirsi la coscienza tranquilla. E le persone che vi fanno parte possono guardarsi negli occhi senza animosità e spirito di rivalsa quasi del tutto senza giustificazione.   

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