Bilancio telegrafico della vicenda circa la legge sulla fecondazione omologa assistita.

  1. Si tratta di una legge efficace? Mah. Intanto, chi vorrà agire diversamente non avrà che da mettersi sul treno e raggiungere il primo ospedale oltre confine italiano. Vi è poi il caso della possibile anomalia di un ovocita che dev’essere impiantato senza esame previo circa la sua salute, ma è considerato disponibile alla soppressione legale quando si sarà sviluppato più avanti. Bisognerà, poi, prendere coscienza che la legge civile tende sempre meno a svolgere una funzione educativa, per diventare pura registrazione del costume diffuso.
  2. Fino all’ultimo la grande informazione ha insistito sul carattere “cattolico” della legge, mentre in gioco erano soltanto valori raggiungibili dalla sola intelligenza umana. E ciò anche per quanto concerne la riprovazione di una qualche metodica di fecondazione omologa. Rimane vero che il dramma dell’uomo contemporaneo non è la perdita della fede, ma la perdita della ragione. E chi stabilisce il campo di competenza esclusiva della fede? I laicisti dogmatici?
  3. Lungo l’intera discussione si è messo in primo piano l’aspetto privato della faccenda: o meglio, la libertà pressoché assoluta che dovrebbe essere riconosciuta alla donna. Il solito “l’utero è mio, me lo gestisco io”. Come se il venire al mondo di un bambino fosse soltanto motivo di consolazione per la mamma, e non coinvolgesse l’intera società: almeno perché il tizio, fatto adulto, dovrà pagare le tasse e rispettare il codice della strada.
  4. Si sarà notato il diverso modo di procedere nell’argomentazione, da parte di coloro che stanno per la “natura”, e da parte di coloro che si schierano per una materia plasmabile in modo illimitato. Macché rispetto alla vita. La tecnica può e deve applicare tutti i procedimenti di cui è capace. Più precisamente: si è parlato spesso del rispetto dovuto alla vita; ma il fronte abortista aveva sempre in mente la vita della donna, anzi il benessere, la felicità della donna: una felicità identificata con la maternità e qualificata come una pretesa. Chi, invece, sosteneva la illiceità della fecondazione artificiale – almeno di quella eterologa – ha continuamente sottolineato la presenza del figlio e dei diritti del nascituro. Già, poiché lungo la discussione ci si è quasi dimenticati di questo esserino all’inizio del suo esistere, incapace di far valere i suoi diritti, ma avente i suoi diritti, primo tra tutti quello d’essere lasciato in vita per crescere in modo armonico. Si è trattato di un confronto culturale che non ha tenuto presenti tutti i termini del problema. Non ha voluto tenerli presenti? Chi obietta, poi, che all’inizio dell’esistenza non si dà una persona, rifletta: si è di fronte a un essere unitario e in qualche modo autonomo. Chi obietta, potrebbe obiettare se fosse stato eliminato all’avvio della sua vita?
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