Adesso, chiusa in una camera con le inferriate alle finestre e le pareti imbottite; adesso, richiamata bruscamente alla realtà, strappata alle tue fantasie morbose, lugubri e seducenti: davvero sola come anelavi e paventavi di essere; adesso, quando hai dovuto ammettere di essere stata tu ad annegare i tuoi figli nel laghetto di Saint-Marcel: Matteo così affettuoso e Davide così abbandonato su di te dentro il marsupio che recavi sulle spalle; adesso tu Olga, ragazza e sposa e mamma trentunenne apparentemente felice e invece angosciata, senti un silenzio greve che ti costringe a ripensare i fatti della vita - gli ultimi soprattutto - con l'atteggiamento degli accusatori che incalzano con le domande; o non incalzano più; si esprimono piuttosto con il linguaggio del Codice penale: sì, adesso ti si apre la fase nuova dell'esistenza che sarà riparazione e ancor prima obbligo di prendere atto, come potrai, delle cose nefande che hai compiuto: prendere atto con gli occhi della gente: gli occhi, poiché della gente non avverti il cuore che pure c'è. Spavento e malinconica condivisione. La giustizia umana verrà, ma è affare di altri. Credimi: si desidererebbe che anche l'informazione usasse maggiore misericordia e più contenuta macabra prurigine di sapere e di dire.
       «Perché non mi hai lasciato morire?». Questo il tuo rimprovero, Olga, a chi ti ha tratto dalle acque. Intendevi morire pure tu: tu ancor prima dei figli. E «voglio essere cremata», hai lasciato scritto: quasi per scomparire nel nulla e togliere anche la possibilità di essere ricordata. Come e perché immaginavi che gli altri - anche i più vicini - non tenevano in considerazione né te né i tuoi bimbi E allora accontentiamo questi insensibili - questi cinici - che nemmeno si accorgono di una ragazza che vive accanto a loro e che soffre e tacitamente invoca aiuto, mentre nella tua mente si va facendo sempre più labile il confine tra la verità e l'inganno. L'inganno o l'orrore di una tristezza che ti orienta quasi irresistibilmente verso la morte.
       Lascia, Olga, che le cronache frughino nel tuo ambiente e tentino di scandagliare il tuo animo. Ostilità o almeno incomprensione con i suoceri.
       Il marito che quasi disprezzi: «Le donne non ti mancano, ne hai tante». E poi il discorso troncato prima del dispetto più grave che gli vuoi esprimere: «Tanti auguri. Addio». E l'addentrarti nel lago che sprofonda tenendo la mano di Matteo - mano calda e fiduciosa, mano strattonante e gelida - e lasciando che Davide - ti è sul petto - affoghi con te. Senza di te.
       Vedrai le analisi mediche, psicologiche, sociologiche, filosofiche che si susseguiranno. Gelosia. Crisi dopo il parto. Depressione. Raptus di follia. Eccetera. Lascia dire.
       Olga, mi pare di intuire soprattutto solitudine e disperazione al fondo del tuo cuore. Il non sentirti accettata. La mancanza di coraggio per aprire una conversazione: con la sorella ma non solo. Si impone vigore per ascoltare e interloquire mettendo nel discorso noi stessi senza paure eccessive, senza sentirci casi patologici unici al mondo, senza la vergogna di lasciarci soccorrere. Soccorrendo, anzi, a nostra volta. Non penso sia l'odio che ti ha spinta contro i tuoi figli, la sola ragione di vivere che ti rimaneva, forse. Un amore malato, piuttosto, ti ha mossa a perire con loro proprio nel momento in cui da ventun giorni avevi dato la vita al piccolo ed era tempo di gioire. «Senza capirci più nulla», affermi.
       E la disperazione. Certo, si può vivere anche con la sola fiducia che il prossimo ci concede e che ricambiamo. Ma le persone - tutte - deludono, alla fine. E senza persone siamo spesso serrati nell'angoscia. Più in là, ultimamente, ci si impone di affidarci al Signore per il quale non esiste situazione irrisolvibile. Finché egli ritorni a prenderci, quando deciderà lui. Non impedendogli di amarci. Non riusciremmo. Adesso, Olga, buttati nelle braccia di Dio. Puoi riemergere dal gorgo dell'assurdo. Puoi lasciarti salvare anche mentre sostieni le prove che la giustizia umana ti predisporrà.
       Prega. Non è, questo, un consiglio soltanto devoto. Può essere, in certi casi, la semplice, ultima e sola risorsa che ci rimane. Adesso puoi capire in modo sorprendente la tenerezza di Dio: un poco come quella che tu avevi per Matteo e Davide.
       Prego anch'io per te.

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