Mi avvicino allo sport discusso e dibattuto con molta trepidazione. Non ne sono un cultore, men che meno fegatoso. Ma per i mondiali di calcio uno non può sottrarsi dal prestare qualche attenzione almeno ai gol e ai risultati delle partite. Deve pur spiegarsi il grande silenzio che cala sulle città nei tempi di trasmissione televisiva, come nei monasteri di clausura dopo la Compieta. Per la verità, nei monasteri mancano le urla improvvise che accompagnano le azioni migliori dei calciatori.
       Ormai è diventato leggenda il gesto che il Trap compie furtivamente versando un po' di acqua santa sul campo di gioco: acqua santa che gli ha passato - presumo - la sorella Romilda delle suore di Maria Bambina. Sono in molti a ridere di questo gesto. Alcuni addirittura sghignazzano con disprezzo. E il Trap non ha alcuna esitazione a dichiarare che è credente ecc.
       Ai disinvolti liberi pensatori che concedono compassione o poco più, si potrebbe obiettare che spesso anch'essi, smagati e disincantati, incrociano le dita, fanno segnacci di scongiuro (coma verso l'alto per significare ciò che si sa, corna orizzontali per allontanare malocchio e fatture, corna rivolte a terra per annullare il potere di forze occulte contrarie, la scalogna insomma), toccano ferro o altro e così via scongiurando.
       Ma la risposta mi sembra irriverente. Si metterebbe l'acqua santa sul piano delle superstizioni. E non è giusto che sia. Anche se perfino qualche presule si è scomodato a paragonare il Trap a un bambino impaurito. Io non lo penso.
       Sia chiaro. Mi proibisco di pregare per l'una o l'altra squadra in gioco. Non tanto perché Dio abbia cose più importanti a cui prestare attenzione. Mi sembra, invece, che se invoco Dio per la vittoria della mia squadra, mi potrei trovare davanti a una preghiera fatta allo stesso Dio a favore della squadra avversaria. E poi, a essere schietto, non mi va di contaminare il gioco che dovrebbe essere pura gratuità, libertà sciolta, spontaneità innormata, universo allegro a sé: non mi va di contaminare il gioco con la religione che è intimo e totalizzante rapporto con Dio.
       E tuttavia, ho l'impressione che sui campi di gioco dei mondiali di calcio non sia pienamente applicabile la norma del marchese De Coubertin, secondo la quale l'importante è partecipare, non vincere. Ma va'. Lì bisogna partecipare per vincere. A costo di apparire interessati e ciabattoni, utilitaristi e quasi rapaci, l'importante è vincere.
       Ebbene, mi metto nei panni del Trap, che ha legato la sua professione a questo gioco del calcio che per lui è un mestiere oltre che un gioco, e riesco a capire come possa segretamente invocare Dio attraverso la mediazione di Maria come gli ha certamente spiegato la sorella Romilda. Qualcosa di analogo? Quando si perde qualcosa e non si riesce a trovarlo, si prega S. Antonio di Padova. Quando i ragazzi devono fare gli esami, spesso sanno che devono rivolgersi a S. Giuseppe da Copertino. Quando uno deve subire un'operazione chirurgica, si aggrappa al santo di cui è più devoto. Quando si devono combinare affari, ci si rivolge a S. Giuseppe. Quando proprio si è in difficoltà che sembrano insormontabili, ci si rivolge a S. Rita, la santa degli impossibili. E così di seguito. Non trovo nulla di scandaloso o di profanante o di ridicolo, quando uno, in condizione trepida, invoca il Signore.
       Continua, Trap. Sono con te, per ciò che valgo. Se poi sarà volontà di Dio, porterai a casa la squadra vincente. Ma sarà stata volontà di Dio anche una squadra perdente che torna. Non facciamo gli scongiuri. Intanto, prega. Ti capisco.

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