Secondo me, una bocciofila ha diritto a non essere derisa o calunniata in pubblico. Così è per un salone di bellezza, per un mercato all’aperto, per uno studio dentistico, per una sartoria di préts a porter, per una rivendita enologica, per una cartoleria, per un’officina meccanica, per un corpo di guardie giurate, per un negozio di dischi e così via. Si passa sopra, semmai, a qualche recensione stroncante non pagata di un romanzo, a un’infilata di improperi urlata da politici - per i bambini litigiosi occorre sempre tener in serbo un po’ di pazienza -, a qualche parolaccia e a qualche gestaccio tra il pubblico di quelli che il calcio, a qualche scapaccione dato dalla madre o dal padre a un figlio capriccioso - o forse no: allo scapaccione, non ai capricci: si rischia il tribunale -, a qualche errore lieve di ortografia in questa cultura dell’immagine ecc.
Immaginarsi quando si tratta di istituzioni pubbliche - barzellette sui carabinieri a parte - come l’esercito, la magistratura, il sindacato, il parlamento o, semplicemente, la Patria. At-ten-ti.
E per la Chiesa cattolica? Qui si scorrazza e si impazza come in una zona franca. Ballerine vestite da suore e con la gonna al vento. Monsignori che si abbuffano di prosciutto cotto predicando la solidarietà e lasciando a secco un bimbo macilento che osserva invidioso. Parroci che vanno matti per una certa marca di maionese. Preti che, in confessionale, richiamano il dovere (?) di pagare il cànone Rai: se no, sono fulmini e tuoni (dal ministro delle finanze, penso; non da Dio). Frati che in coro non sanno trattenere la tosse e il guardiano passa con lo sciroppo mimando inequivocabilmente l’eucaristia. Si potrebbe continuare.
Siamo onesti. Qualche volta uomini e donne specialisti di religione cattolica si prestano a qualche caricatura, come quando un emancipato prete di frontiera - che cos’è la frontiera? -, un frate bacucco e una suora disinvolta e coltivata si mettono a ballare tra ragazzine discinte che mostrano l’ombelico con la solennità con cui guide turistiche spiegano l’anfiteatro greco di una città. Ma, santo cielo, anche sindaci e onorevoli e perfino presidenti della Repubblica possono travalicare l’etichetta in un momento di fragilità. Non per questo ecc.
Vengo al punto: la Chiesa, in Italia non è trattata nemmeno con il decoro con cui si considera una ditta scalcagnata o con il lustro con cui si parla di una famiglia di malfamati. Sia chiaro: non a motivo di una presunta religione di Stato, che sarebbe peccato laico gravissimo. Almeno perché ci sono cittadini imbecilli che credono, poveretti, che la Chiesa rechi la verità e la salvezza. Ma la democrazia non tutela anche questi imbecilli? Poi si strilla come oche contro l’ingerenza della gerarchia nelle questioni civili e si sa il seguito. Libertà, egalité, fraternità per tutti, tranne che per i cattolici. I quali, dovendo essere mansueti e non rispondere al male con il male, secondo il comando del Signore, possono essere impunemente bistrattati e messi alla berlina.
Forse è meglio così. Con tanti saluti al diritto all’immagine per la Chiesa e i cattolici. Anche perché, quando si è a corto di idee in fatto di umorismo, si ricorre di solito alla religione e alla pornografia. E che Dio perdoni le ottusità dei suoi figli.