Tempo fa erano alcuni vescovi a intervenire. Adesso è scesa in mare anche la corazzata della stampa cattolica - se così si può ancora dire -, e cioè la "Famiglia cristiana" ultimo numero. Si vuole un Concilio Vaticano III. Oh, non lo si dice in termini così espliciti: si ricorre a un linguaggio disseminato di clausole di riserva, un po' in stile diplomatico di sacrestia: forme di collegialità episcopale più durevoli e incisive; molti sperano in un nuovo Concilio; questo non è impossibile; qualcuno lo dice perfino necessario. D'accordo, non proprio dietro l'angolo, ma quasi.
L'ordine del giorno? Ma, santo cielo: la rimasticatura di ciò che una contestazione elegante va proponendo: revisione della morale sessuale, preti sposati, disciplina circa i divorziati risposati, il sacerdozio alle donne ecc. Qualche lampo di genio si ha, per esempio, quando si chiedono lumi circa una possibile coerenza tra legge morale e legge civile.
Sfoglio la lettera apostolica "Novo Millennio ineunte" di Giovanni Paolo II e, ancora una volta, mi accorgo che il Papa ripetutamente fa riferimento ai testi del Concilio Vaticano II e, anzi, invita a riprenderne tra mano i documenti perché la Chiesa si interroghi su ciò che lo Spirito esige in vista di un rinnovamento e di un nuovo slancio per la sua missione evangelizzatrice. Non solo: su svariati argomenti domanda se il Concilio Vaticano II è stato capìto, accolto e attuato: "Quanta ricchezza... negli orientamenti che il Concilio Vaticano II ci ha dato! Perciò... ho chiesto alla Chiesa di interrogarsi sulla ricezione del Concilio. E' stato fatto?". E più nel merito: senza un autentico cammino spirituale, "a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori di comunione. Diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita".
Con tutta la libertà di giudizio che mi riservo in questioni opinabili, sto con il Papa.
Chiedo scusa della sgarbatezza, ma mi domando quale senso abbia la stesura di una sorta di ordine del giorno" di un Concilio futuro accanto a un Papa che non si risparmia pur nella sua debilitazione.
Poi, non mi sembra scelta opportuna che un Concilio pretenda di assumere posizione su tutto lo scibile teologico-dogmatico, morale, liturgico, giuridico, pastorale ecc. Ne verrebbe ancora una mole di documenti che sarebbe arduo accogliere e studiare. Anzi, già che ci sono, mi interrogo onestamente se i testi del Vaticano II sono davvero accostati, capìti e condivisi da molti che pure hanno responsabilità non irrilevanti nella Chiesa. Con molto rispetto, ma anche con chiarezza e semplicità, mi vado interrogando se i temi segnalati sono davvero quelli di cui i credenti contemporanei hanno maggior bisogno. Io, per esempio, preferirei che si parlasse di Trinità, di Incarnazione, di Redenzione, di Grazia, di "novissimi" e cosucce del genere, che non sembrano abbondare né nella catechesi più in uso, né nel Magistero episcopale.
Mi si lasci dire pure che ho molti dubbi circa l'opportunità - ancor meno circa la necessità - di discussioni, di divisioni, di contrapposizioni e così via, all'interno della comunità cristiana. Ciò che vivamente temo non è un Concilio, ma il dopo. Esprimo due ultime impressioni. Una prima. Se venissero smentite e cambiate posizioni dottrinali circa verità dogmatiche e morali, spiacente, ma non crederei più né al Magistero di oggi né a quello di ieri: non riesco a capire come attualmente uno potrebbe andare in paradiso per le stesse ragioni per cui in passato veniva destinato all'inferno. In faccende fondamentali per la persona, s'intende. L'altra impressione. C'è ancora bisogno di stemperarci e di arruffarci in liti che san più di agòne politico - sportivo quasi -, quando c'è estrema necessità di attuare? Non abbiamo chiarezze a sufficienza per una santità travolgente, se ne abbiamo la grazia e la voglia? Anche per temi di convenienza: non si cambia nulla un periodi di crisi. E che oggi sia un momento di crisi, lo neghi chi vuole.