Rutelli a tutta pagina sul Corriere della Sera di ieri. Una specie di enciclica che non presenta un programma politico di cose da fare, ma intende chiarire in maniera teorica e generale il rapporto tra la Chiesa e lo Stato italiano.O tra la Chiesa e il Vaticano, non si capisce bene. Anche perché, nel secondo caso, sarebbe almeno da discutere il motto cavouriano: "Libera Chiesa in libero Stato"; vi sarebbe da dire: "Libera Chiesa e libero Stato".
Ma sono bazzecole, queste, in un aspirante premier che risale a De Gasperi e a Giovanni XXIII; si rifà al greco per esprimersi meglio; si ispira ai Magi e a coriandoli oratòri del genere. II distillato del Rutelli-pensiero sul tema?
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«La politica è sintesi». Rutelli afferma due volte questo principio, senza troppo precisare. Sintesi di che cosa e tra che cosa? Sintesi di opinioni e di decisioni fatte proprie e rese leggi da un governo? Ma, ancor prima, una sintesi assai più profonda - e a suo modo politica almeno di riverbero - non dev'essere attuata nella persona che possiede delle certezze verificate e intende esservi coerente?
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Bontà somma: Rutelli concede alla Chiesa di dire «la sua anche nelle vicende che entrano nella dialettica quotidiana». È un dato, questo, «che non fa certo male»: «Il richiamo etico, il diritto di affermare delle posizioni anche dissonanti e il dovere di richiamare la maggioranza che la pensa diversamente a meditare sul tipo di scelta che sta facendo, questo è il messaggio della Chiesa». Dopo di che, ci si può interrogare se simili interventi, in certo modo consentiti, possano avere qualche ripercussione nella convivenza civile attraverso i cittadini che li condividono. Magari collocandosi all'opposizione.
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Rutelli "permette" al Papa, che pur rappresenta una «minoranza nella società contemporanea» in Italia, di insegnare proponendo convinzioni in fatto di "aborto", di "pillola del giorno dopo", di "libertà di scuola" ecc. Solo che il premier desiderante non si accorge di cedere a un vezzo tra i più grossolani e apparentemente scaltri della cultura laicistica: il trascrivere delle certezze morali umane in termini religiosi. In questo modo viene riservato alla Chiesa il solo spazio in cui può sbizzarrirsi nei suoi dogmi più astrusi e forse più eccentrici per i laici, quali i cori angelici, l'Immacolata concezione, la grazia sufficiente ed efficace e così via. L'intelligenza umana, la razionalità rigorosa, la critica severa, lo sforzo di fondazione antropologica di una norma morale diventerebbero, di botto e di contro, monopolio dei laici. Chissà perché. Mentre i credenti - poveretti - sarebbero abbandonati alle loro fabulazioni.
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Rutelli sembra cavarsela troppo di fretta, quando parla della vita pubblica che «è laica, deve essere laica», senza nemmeno lontanamente sospettare qualche applicazione che deve essere compiuta. L'agognante premier ha letto le Encicliche in cui il Papa, che egli loda sperticatamente, sostiene anche che l'aborto, per esempio, l'eutanasia e altre faccende del genere sono l'inizio di uno Stato totalitario? Poiché tale Stato - sostiene Giovanni Paolo II - si arroga il potere di attribuire o meno diritti che, invece, deve riconoscere a soggetti umani. Quanto alla pillola delle settantadue ore dopo, si può anche prendere atto che «tra gli scienziati prevalga la valutazione che non sia abortiva». Ma che cosa implica il fatto che - per ammissione esplicita - «il dubbio è legittimo»? Nel dubbio di sopprimere persone umane, si può politicamente e disinvoltamente decidere?
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Circa il «valore pubblico dell'istruzione» e «il riconoscimento della funzione pubblica dell'insegnamento privato» con il conseguente sostegno del «diritto allo studio in particolare a partire dagli studenti più meritevoli e più bisognosi», i cattolici prendono atto che, con decenni di ritardo, gli si dà ragione. Aspettano i fatti: i fatti che, probabilmente, alzando il livello della scuola non statale, aiuterebbero la stessa scuola gestita dallo Stato a riprendere un poco quota partendo dalla situazione di baraonda in cui spesso si trova.
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Non si dimentichi, signor Rutelli, che i cristiani sono anche cittadini: cittadini laici i quali, forse, interpretano la serietà della vita civile chiaramente e non solo con nebulose esortazioni formali e vuote, o con aride e mortificanti ideologie.
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Signor Rutelli, non basta cantare il peana al Romano Pontefice per rassicurare gli italiani che si condivide il pensiero papale. Urge chiarezza e un minimo di svolgimento del tema. Grazie. Auguri.