Facciamoci gli auguri per il millennio che si apre

Omelia nella Messa di fine d’anno

Como, Cattedrale, 31 dicembre 1999

 

Stesse al nostro estro decidere come sarebbe giusto introdurci nel nuovo anno, nel nuovo secolo e nel nuovo millennio, forse vagoleremmo tra atteggiamenti di­sparati e inconcludenti.

Potremmo guardare all’anno passato con la compiacenza un po’ impettita e un po’ bolsa di chi redige un inventario di cose solenni le quali magari si rivelano bolle di sapone. E sempre pericoloso gloriarsi mentre ci si rimira nello specchio dell’acqua. Il rischio è che l’immagine seduca, o si riveli repellente, così da immedesimarvisi o da distruggerla.

Potremmo far la conta delle sconfitte con un pallottoliere interminabile e gigan­tesco. Siamo sempre enfatici quando ci detestiamo. Ed emana sempre una sorta di sinistro magnetismo la malinconia di chi si lascia vivere, trascina T esistenza come una maledizione e si perde in una tenebra priva di ogni cenno di speranza.

Potremmo puntigliosamente metterci a registrare le sofferenze patite per trovare qualcuno contro cui ribellarci. Le sofferenze: quelle che mordono sulla carne. Ancor più: quelle che lacerano lo spirito e pungono il cuore così che la pace è un miraggio lontano che neppur più ci attrae o ci seduce. Per trovare qualcuno contro cui ribel­larci, e la rivolta avrebbe il tono della bestemmia rabbiosa o del sogghigno cinico contro una forza irresistibile che ci sembra anonima e perversa. Col passare del tempo, poi, sbiadisce anche la certezza del bersaglio da colpire e l’urlo di ribellio­ne si attenua, si spegne, o ritorna come una eco che ci rivela la nostra solitudine angosciata.

Si potrebbe fingere che l’eterno sia unicamente l’istante che si sperimenta. Allo­ra non ci sarebbe più né ieri né domani. Sarebbe impossibile l’esame di coscienza e il pentimento. Perderebbe ogni senso il proposito rivolto al futuro. Spensieratez­za impaurita. La noia. L’estenuazione che ci grava addosso e che ci impedisce di ricordare come di progettare. E nulla più avrebbe significato e valore.

Ecco, invece, lo stile che la Gran Madre di Dio ci suggerisce: Maria che si sotto­mette alla legge per superare la legge nel Figlio di Dio e suo, venuto a morire e a risorgere tra noi e per noi. Si tratta di serbare e di meditare ogni avvenimento nel segreto del cuore, dove germina l’intuizione attonita e la libertà che aderisce al Signore. Si tratta di ricevere il vigore per metterci in ginocchio invocando miseri­cordia e tornare alla nostra quotidianità lodando Dio, come i pastori, per ciò che udiamo e vediamo: per ciò che sentiamo nel centro più nascosto del nostro essere, dove si determina il nostro destino supremo e dove la grazia si radica e fiorisce e fruttifica.

Allora si alza la testa e ci si lascia benedire dal Signore: benedire e proteggere. E l’augurio che ci si scambia può sperimentarsi con le parole: “Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio”.

Scambiamoci i compiacimenti e gli ottativi per il “Nuovo” in cui ci introducia­mo: il “Nuovo” che è ancora il Signore Gesù acquattato e pronto a braccarci ogni momento come un amante geloso; il “Nuovo” che è Cristo al quale ci dobbiamo orientare e che dobbiamo incontrare in una gioia compiuta e in una eterna gloria, quando cadrà l’ultimo velo della comunione e noi saremo simili a Lui.

Lunga vita. Fortune da non riuscire a inventariarle. Successi da capogiro. Presti­gi e fasti da esibire con tracotanza o con malcelata affettazione. E poi la salute che scoppi, e la carriera che si scali con levità, e la compagnia di amici che distraggano e procurino allegria, e i sentimenti più cari che si intensifichino oltre misura, e la capacità di dominare gli accadimenti avversi ecc.

Non costa granché attribuire il desiderio di lunga vita all’altro, anche se c’è da temere che almeno qualcuno di noi non riesca a raggiungere la fine del Terzo mil­lennio.

Lo sguardo al Signore e una collaborazione intensa, perché ciascuno di noi sia accettato per ciò che è e per ciò che gli manca. E camminiamo in cordata, ed esultiamo come in un gran girotondo in mezzo al quale ci sia Cristo, Principio e Fine dell’umanità e dell’universo. E insieme allunghiamo la cordata e allarghiamo il cerchio perché tra noi si inseriscano le persone più bisognose di pane, di amore e di Paradiso.

La logica di chi amministra la cosa pubblica non potrà mai accordarsi perfetta­mente con la logica di chi si impegna nella gratuità di un amore concreto ed effica­ce in nome di Cristo. Ci attendono tempi impervi che ci metteranno accanto poveri da cui non potremo tanto agevolmente sbarazzarci. Non riesco a nascondere qual­che trepidazione che provo per i volontari - soprattutto per quelli che agiscono in collegamento con la Caritas sono quotidianamente esposti al rischio di subire diverse forme di violenza, soprattutto da parte di extracomunitari. Non è facile dimenticare l’esperienza di un Prete diocesano ucciso proprio quest’anno.

Ciascuno faccia la sua parte, senza giocare al rimpallo delle responsabilità. Sof­frendo e impegnandosi perché chi ci governa nel Paese dia leggi provvide ed effi­caci e i mezzi necessari. E cerchiamo di collaborare tra noi perché la città sia sempre più vivibile, e gli anziani siano meno soli, e le famiglie sempre più unite e aperte alla vita e all’educazione dei figli, e i giovani trovino varchi in cui inserire il proprio entusiasmo, e i ragazzi possano giocare spensierati, spensierati e guidati, e i bimbi sorridano ancora e siano generati con non soverchia paura. Como: seta, soldi e solitudine? Ho ascoltato questo slogan come un bersaglio mancato e una cattiveria inutile. Como: piuttosto, seta, soldi - perché no? - e solidarietà e sorriso: un sorriso soltanto accennato, ma pronto a slargarsi; un sorri so che esprima fraternità soprattutto verso chi si sente privo di amore e di speranza.

E su di noi vegli il Signore che giudica e che perdona. Grazie, Signore Gesù. Fa’ che ci mettiamo alla tua sequela, Signore Gesù. Conduci la nostra debolezza sui cammini della tua Provvidenza, Signore Gesù. Perché rispondiamo sempre al tuo amore e ci vogliamo bene come siamo, per diventare migliori, Signore Gesù.

Maria, la Grande Madre di Dio, ci assista. Intercedano per noi i Protomartiri Carpoforo e Compagni, e gli altri Santi nostri Patroni, da Felice e Abbondio, su su fino all’attualità e oltre.

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