Messaggio per la Pentecoste

Veglia di Pentecoste

Como, Cattedrale, 3 giugno 2006

 

Con la pentecoste arriviamo alla conclusione piena del ciclo pasquale: quaranta giorni dopo la risurrezione il Signore Gesù ascende al cielo; cinquanta giorni dopo il Signore Gesù invia il suo Spirito sul mondo.

I riti sacri si incaricano già di consegnarci il significato ricchissimo di questo fatto misterioso. Cristo ci lascia, ma Cristo vive in mezzo a noi nella sua persona umana e divina e nello Spirito che guida ogni fedele, la Chiesa e il mondo.

 

1. Senza questa presenza arcana dello Spirito, noi saremmo ancora nella condizione di schiavitù. Le opere della carne sono ben note – le nostre- : fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Chi compie queste turpitudini che sono il frutto più attossicato e più scivoloso della vita di peccato, non erediterà il Regno di Dio.

Il frutto dello Spirito, invece, è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, mitezza, dominio di sé: contro queste cose non c’è legge, poiché camminiamo secondo lo Spirito.

Occorre riflettere sul fatto che il Paraclito non è da immaginare unicamente all’interno della Trinità: egli ci viene comunicato dal Signore Gesù come dono del Padre e abita in noi trasformando il nostro essere, la nostra mente, la nostra volontà, il nostro affetto. Egli è consolatore perfetto; ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica riposo, nella calura riparo, nel pianto conforto. O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza nulla è nell’uomo, nulla senza colpa.

Se osserviamo la realtà secondo l’occhio della fede, noi sappiamo di essere inabitati da quest’anima nuova che costituisce il bacio santo dell’amore tra il Padre e il Figlio. E questa divina presenza cambia completamente la vita.

 

2. Lo Spirito viene comunicato da Cristo come l’anima della Chiesa. La comunione fraterna che si crea tra noi e con Dio non può essere descritta soltanto in termini aritmetici o sentimentali. Si tratta di una unità, di una fusione, di una realtà misteriosa umano-divina, dove lo Spirito suscita la preghiera, spinge alle opere di misericordia, inclina a una gioia che il mondo non riesce a immaginare.

Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato.

Così ci ritroviamo davvero compatti e vivificati da un’anima sola e da un unico cuore. Ciò non significa che insorga una sorta di monotonia e di ripetitività sconsolante: significa, piuttosto, che ciascuno di noi dallo Spirito ha dei doni propri che lo inseriscono nel Signore Gesù e rendono la Chiesa capace di una vivacità insospettata. Dona ai tuoi fedeli che in te confidano i tuoi santi doni. Sono le grazie gratis datae – i carismi – che vivificano ed esprimono le diverse virtualità della presenza e dell’azione dello Spirito che unisce a Cristo per la gloria del Padre. Ciò è quanto dire che la Pentecoste è festa dell’unità della Chiesa: non si danno rivalità, contrapposizioni, separazioni, poiché lo Spirito è unico e unico è il Signore Gesù nel quale egli ci inserisce.

 

3. Non bisognerà nemmeno fantasticare della Pentecoste come se si trattasse di una giornata monotona e invariata. Pentecoste è dinamismo. Pentecoste è genesi di missione nei vari ambienti in cui ci è dato di vivere. E questa distribuzione di funzioni, questa protensione all’annuncio, questo stimolo alla missione non è qualcosa che si attui una volta per tutte. Da questo punto di vista la pentecoste è una festa che dura tutto l’anno e l’intera esistenza umana. Lo Spirito è dato a noi dal cielo come un raggio della luce di Dio. Egli è il padre dei poveri, il datore dei doni, la luce dei cuori. Egli è il consolatore perfetto, l’ospite dolce dell’anima, il dolcissimo sollievo. Egli dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna.

Occorrerebbe sostare attentamente sul termine Consolatore o Avvocato con cui il Signore Gesù qualifica lo Spirito. Quasi senza che ce ne avvediamo, siamo sempre portati a giudicare gli altri e noi stessi con una negatività che rasenta la cattiveria. Ebbene, lo Spirito consola le nostre frustrazioni. Si mette dalla parte dei peccatori – di noi stessi – per difenderci dalle nostre deprecazioni. Nasce così una pace che deriva dalla verità tutta intera alla quale egli ci introduce. Nasce così la serenità interiore vigorosa e dolce che confida in chi ci ascolta perché il messaggio cristiano si mostri in tutto il suo fascino e in tutta la sua seduzione. Siamo ai lembi della felicità che ci viene donata dalla Pentecoste.

 

E Maria ci sostenga in questa calma interiore soave e decisa verso la santità di cui ella è modello. Madre dello Spirito di Pentecoste, donaci di vivere secondo la serietà e l’euforia dello Spirito che ti ha resa feconda. Non a caso la discesa dello Spirito sugli apostoli li spinge alla predicazione al punto da farli apparire un po’ ebbri al piatto buon senso del mondo. Si entra nella fantasia di Dio. Si riceve, come un regalo inatteso, ebrietatem Spiritus.

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