La grazia sacramentale del sacerdozio

Omelia nella Messa del Crisma

Como, Cattedrale, 24 marzo 2005

 

In questo incontro del presbiterio per la Messa crismale il Giovedì Santo, vorrei riflettere con voi un poco sulla grazia sacramentale che deriva dali 'Ordinazione sacerdotale.

Noi sappiamo che l'imposizione delle mani del vescovo a nome e nella persona del Signore Gesù ci ha distinti dal sacerdozio comune e ci ha resi capaci di essere singolarmente ministri di Cristo nella celebrazione dei sacramenti, nell'annuncio della parola di Dio e nell'obbedienza che ci fa vivere in unità con i confratelli e particolarmente a partire da e per giungere al vescovo quale principio e motivo di unità della Chiesa, di cui Cristo è sposo e capo. E da questa unità parte l'azione pastorale e missionaria. Nella teologia dell'Ordine che ci è stata insegnata, non pare che la meditazione si sia soffermata a lungo e sia andata in profondità nello studio della responsabilità e della grazia che derivano dal diventare sacerdoti ministeriali.

 

I sacramenti e soprattutto l'Eucaristia

Come strumenti e rappresentanti del Signore Gesù, siamo chiamati a parlare e ad agire come il Salvatore ci impegna. La grazia dell'ordinazione sacerdotale ci conforma, attraverso il carattere, a Cristo sacerdote e vittima che, morto e risorto, vive e agisce in mezzo a noi.

Questo compito richiede a noi un atteggiamento di abbandono al Padre fino all'immolazione della nostra vita in un sacrificio che partecipa al sacrificio del Calvario. E dire immolazione sacrificale significa concedersi totalmente al Signore Gesù per renderlo presente al nostro tempo e al nostro ambiente nel suo morire e nel suo risorgere. Questa unità con Cristo implica il condividere pienamente i sentimenti del Redentore e la prontezza a dare la nostra esistenza a lode del Padre, nello Spirito, a favore dei fratelli.

Sotto questo profilo, il prete è orientato a scomparire, quasi, come persona con le proprie caratteristiche umane per far posto al Signore Gesù presente e attivo nei gesti e nelle parole sacramentali. Occorre che noi rendiamo il meno appariscente possibili le nostre caratteristiche e perfino le nostre genialità- se ne abbiamo - che possono oscurare l'intenzione salvifica e adorante di Cristo.

Ciò non significa annullarsi come persone umane: significa, invece, convogliare tutte le proprie forze per rendere tanto trasparente ed efficace il Signore Gesù, da non oscurarne la figura e l'azione salvifica. A tale scopo occorrerà condividere i sentimenti di Cristo fino a poter dire che non siamo più noi a vivere, ma è Cristo che vive in noi. Non solo: dobbiamo essere talmente attenti alle persone che ci sono affidate e che incontriamo sulle nostre strade, da paterne portare i pensieri e i sentimenti - gioie e lamenti - a Dio, tutto trasformando in lode e gratitudine.

Ciò vale per l'Eucaristia in modo reale - anche corporeo -; ciò vale dinamicamente anche per gli altri gesti sacramentali.

 

Proclamazione della Parola

Siamo stati fatti sacerdoti ministeriali perché, in unione con il vescovo e il collegio apostolico con Pietro come capo, proclamiamo la parola del Signore, la quale non è soltanto una serie di termini e una trama di astrazioni che comunicano delle idee; essa è un annuncio e una proclamazione che rende presente il mistero di Cristo nelle sue varie fasi di attuazione.

Anche in questo caso dobbiamo rendere evidente il fatto che è Cristo il quale parla attraverso noi; non noi che tentiamo di imporre noi stessi. E comunichiamo di una verità che viene da Dio e che a Dio conduce: una verità che dev'essere proposta con la certezza della fede, come un'esperienza che traduce il nostro stile di vivere. Solo così interpretiamo e consoliamo e fortifichiamo i cuori dei fedeli che hanno bisogno di Dio per placarsi e attendere la comunione perfetta con lui.

Il nostro predicare non dev'essere frutto di una mendicità delle varie pezze umane d'appoggio ed esito di brani - fossero anche biblici - che infiorano la predicazione invece di renderla efficace. Non possiamo, sostanzialmente, esporre il nostro pensiero e la nostra originalità: dobbiamo lasciare i condurre dalla potenza e dalla dolcezza della Rivelazione cristallizzata nella Scrittura e assaporata e assimilata nel vissuto della Chiesa. Vanno dette certezze, lasciando a lato le intuizioni, pur acute, che potrebbero renderei apprezzati. La parola di Dio è tutta riassunta nel Signore Gesù che muore e risorge. Da questo nucleo fondamentale nasce ogni dogma periferico e ogni applicazione che serva a impostare la vita. La teologia ai teologi. La mistica ai mistici. La sana dottrina ai pastori: la sana dottrina che non cesserà di scuotere e di sostenere i fedeli che ci ascoltano; la sana dottrina non che cesserà nemmeno di animare la nostra conversazione anche più usuale per mettere in contatto con Cristo.

 

Il potere pastorale

In unità con il vescovo ci vien data anche, in qualche modo e in qualche grado, il potere di guida pastorale che dobbiamo esercitare nella Chiesa. Ciò non si limita ad attuare le grandi affermazioni del Codice di Diritto canonico: più modestamente, ma sempre efficacemente, si dà - anche sul piano diocesano - una serie di indicazioni che aiutano a rendere l 'unità della Chiesa sempre più concreta e rettamente orientata.

Per giungere a tanto occorre che l 'unità del Corpo di Cristo derivi da una unità tra presbiteri che mostri la novità recata da Cristo con l'amore a Dio e al prossimo. Così diventeremo richiamo ai fedeli perché raggiungano la perfezione cristiana.

Si insiste molto, oggi, nel sottolineare che l'esercizio dell'autorità è sempre connotato dalla caratteristica del servizio. Saremmo del tutto fuori tema e fuori tempo, se volessimo spadroneggiare sulle nostre famiglie ecclesiali e non avvertissimo le indicazioni pastorali del vescovo e nostre come sentieri verso la vetta della santità. I credenti si adeguano a ciò che vedono, non a ciò che sentono affermare e ribadire, senza che chi è alla guida si sforzi di praticare ciò che comanda. E' l'esempio che convince assai più della legge.

I carismi, in una comunità animata profondamente dallo Spirito, saranno davvero una ricchezza di vivacità, e non motivi di eccentricità o pretesti per sfuggire all'obbedienza.

 

Qualche applicazione

Dopo quanto si è detto, sia permesso richiamare brevemente ma instantemente qualche applicazione pratica perché la grazia sacramentale dell'ordinazione diventi per noi cammino di perfezione sacerdotale nella carità pastorale.

- Va coltivata la preghiera con la recita devota della Liturgia delle Ore, con la meditazione, con l'adorazione oltre la celebrazione della Messa, con la recita del Rosario, con la partecipazione ai ritiri periodici e agli Esercizi spirituali annuali.

- Va accostata la Scrittura come libro di formazione e di santità, con uno studio della Tradizione cattolica, con l'interpretazione sapienziale dei fatti che trovano espressione nella grande informazione e nei colloqui personali. L'omelia e la catechesi non possono trasformarsi in momenti di consolazione immotivata. E, tuttavia, devono portare lenimento con la chiarezza del pensiero di Dio. Al rimorso seguirà il pentimento e la misericordia. Né - tanto meno - possono trasformarsi in momenti di ira malrepressa o di prese di posizione politiche di parte.

- Il fatto di presentarci come esempi - imitazioni di Cristo da imitare - ci impegna a una austerità che non può adeguarsi allo stile di pensiero e di vita della cultura pingue e flaccida e cupa del desiderio e del nulla in cui viviamo. Si impone qui un serio esame di coscienza sui beni che possediamo, sul tempo che dedichiamo allo svago, sull'uso che può essere deviante della televisione e di internet, sulla comunione che stabiliamo, soprattutto tra noi preti, con i ragazzi, le famiglie, i malati e gli anziani delle nostre comunità.

 

Il Signore ci dia la forza e la costanza per mettere in pratica gli impegni della nostra Ordinazione sacerdotale e lo stupore e la gratitudine per l'amore che ci ha riservato e che ci ha fatti suoi. Per l'intercessione di Maria e dei nostri Santi Patroni.

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