Gesù, un amico difficile

Omelia nella Messa della Notte di Natale

Como, Cattedrale, 24 dicembre 2003

Disponibile anche la registrazione audio

Il racconto che abbiamo ascoltato dal vangelo secondo Luca ci ha narrato un avvenimento che sembra insignificante per noi. Una coppia di sposi che obbediscono all’ordine di censimento da parte dell’Imperatore romano e arrivano a Betlemme, loro luogo di origine, per far registrare il nome. In quel giorno, per Maria si compiono i giorni del parto e dà alla luce il suo Figlio, lo avvolge in fasce e lo depone in una mangiatoia. Un bimbo qualsiasi, come uno dei nostri, che frigna e urla e chiede la poppata. Il Figlio di Dio venuto in mezzo a noi per salvarci, se si osservano le cose con l’occhio della fede. Il neonato è il nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo, che darà se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle buone opere.

Con tutte le nostre borie e le nostre ritrosie, con tutte le finzioni di allegria e di spensieratezza, con tutte le espressioni di indifferenza – sleale – di cui siamo capaci, noi siamo un popolo – seppur di popolo si può parlare – che cammina nelle tenebre, che brancola nel buio, che gira su se stesso in un gioco crudele ed estenuante: ebbene, noi nascondiamo in animo l’attesa di una grande luce, la speranza che si spezzi il giogo del dolore e del peccato che ci opprime, la sbarra sulle nostre spalle e il bastone dell’aguzzino che sembra sospingerci alla dannazione.

Ed ecco, invece, viene a noi il Consigliere ammirabile, il Dio potente, il Principe della pace. Gesù che nasce oggi nel ricordo liturgico ci libera dall’oppressione della colpa e ci introduce nel gaudio della vita divina. Ci introduce, se vogliamo: se ci lasciamo raggiungere e salvare.

Di fronte a questo Dio che si fa uomo si disegnano due atteggiamenti contrastanti: da una parte si mettono coloro che rimandano Maria e Giuseppe, perché non c’è posto per loro nell’albergo. Fuori d’immagine: siamo noi quando non aspettiamo più nulla, quando ci lasciamo consumare dalla derelizione, quando all’invadenza di Dio opponiamo la nostra tracotanza o la nostra insignificanza. Siamo noi quando non vogliamo aprirci alla misericordia per lasciarci perdonare i peccati. Siamo noi quando rifiutiamo la gioia della grazia che ci viene donata: Dio vuol venire nel nostro cuore e noi lo mettiamo bruscamente alla porta o, elegantemente, ci applichiamo ad altro e, per lui, non c’è più possibilità di trovare spazio. Terribile capacità che abbiamo, noi esseri finiti: la nostra povera fragile capricciosa libertà può rendere impotente l’onnipotenza di Dio e la magnificenza del suo amore. Dio non scardina mai le porte del cuore. Bussa ed entra soltanto se gli si apre dall’interno.  Sta qui il motivo della nostra salvezza.

Il Dio che viene incontra anche alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Povera gente non onusta di cultura e di titoli accademici; uomini semplici che non avevano grilli per la testa, ma avvertivano il bisogno di essere perdonati e graziati. I pastori sono l’immagine del nostro cedere agli inviti di Dio, del nostro allungare la mano mendicante per accogliere la vita divina che ci è regalata di là da ogni nostra richiesta e da ogni nostra immaginazione. Certo, il consegnarci al Signore che viene, esige da noi la rinuncia al peccato e l’impegno di una vita nuova: il pensare secondo la mente di Cristo, l’amare con la sua stessa dilezione, lo spenderci per gli altri in modo radicalmente gratuito, il dominare le passioni disordinate che sempre riemergono dal fondo del nostro essere contaminato.

Ma dobbiamo essere confidenti: il Signore Gesù non è venuto una sola volta, in un istante, per poi abbandonarci alla nostra solitudine. E’ presente tra noi ogni giorno sino alla fine dei secoli. Ed è pronto a rinnovarci il cuore dopo ogni esperienza di tradimento e di indifferenza. Sto dicendo che uno “fa” il Natale,  se decide di confessarsi e di riiniziare a pregare, di essere fedele alla propria parola, di soccorrere il prossimo.

Maria, la Madre del Redentore, ci accompagni verso la conversione piena, che è comunione con il suo Figlio.

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