L'Immacolata: Dio prima e dopo

Omelia nella Messa della solennità dell’Immacolata

Como, Cattedrale, 8 dicembre 2002

 

Fino a un istante prima, c’era il nulla di te, Maria: solo materia informe, ma non l’unità originale e l’irrepetibile compaginata dallo Spirito che dà la vita. Il nulla e una grande marea montante di peccato che soffocava. Il nulla e la paura della dannazione. Il nulla e una grande speranza che in Israele si tramandava di generazione in generazione, a cominciare da quella promessa primitiva: la Donna schiaccerà la testa dell’antico serpente; il Figlio della Donna scenderà in un ultimo Eden. Il nulla e un’idea di Dio che si prefigurava una nuova creazione, la cui aurora eri tu che dovevi recare il sole abbagliante e glorioso della salvezza. Il nulla e l’impazienza di Dio che volle la tenerezza fragile e soavissima di una bimba disposta a diventare la madre di Gesù suo Figlio, perché la grazia sovrabbondasse dove aveva abbondato la colpa.

Prima che tu esistessi, Maria, eri già nella mente e nel cuore di Dio. Quando si accese la tua vita nel grembo della terra, nelle viscere di tua madre, tu dallo Spirito eri già abitata e redenta e trasformata in Gesù che doveva venire: che dovevi portare e regalare a noi, come unico motivo del nostro riscatto dal male e dal maligno; causa santa e arcana del nostro paradiso oltre il tempo e nel pianto del cammino terrestre.

Tu eri scelta in modo singolarissimo prima della creazione del mondo per essere santa e immacolata al cospetto del Padre nella carità, predestinata a essere sua figlia adottiva e Madre di Cristo benedetto, nostra liberazione e nostra novità. E quando ti svegliasti al primo sorriso dei genitori e quando ti prese la consapevolezza dell’essere al mondo, Dio ti aveva già prevenuta. Ti teneva tra le trepide e solide mani e ti amava con affezione soave e gagliarda. Come un fanciullo che dorme e si sveglia scoprendo, all’aprire degli occhi, l’incombere della madre e del padre.

Dio, il primo. E tu, la risposta. Il dire di sì incessante e crescente. Il seguire per sentieri impervi e contorti, eppur saggi e sicuri verso la maternità divina nella grotta di Betlemme e nella casa di Nazareth, per le strade della Galilea e della Giudea e sotto la croce del Calvario e davanti alla pietra rotolata all’imboccatura della tomba e nell’esultanza del Risorto annunziato e visto, e nel nascere della Chiesa di cui tu sei l’icona perfetta.

Sul tuo nitore non uno schizzo di fango del male pur sui cammini dell’umanità – della nostra umanità – peccatrice e svogliata e perfida talvolta. Non il sapere il tuo destino nelle sue tappe fin dall’inizio: un seguire, piuttosto, passo dopo passo e un continuo scoprire orizzonti ignoti e pur attesi: desolati e avvincenti ed esaltanti. Non l’aggiungersi di un atto ad altri in una serialità rassegnata e depressa: non la somma di fatalità o di riluttanze. Piuttosto l’incanto che si va facendo sempre più commosso e aspro e caldo. E l’aderire al tuo Dio, Maria: il Dio che ti domanda scelte atroci per condurti alla pace del suo amore condiviso. E non solo l’aderire, ma il lasciarti invadere e dolcemente possedere dal tuo Figlio Gesù, frutto dello Spirito, che porti in grembo e poi ci offri e poi educhi e poi accompagni, finché sia lui a chiamarti accanto a sé in modo sorprendente, Assunta e Mediatrice di tutte le grazie.

Non una colpa nella tua vicenda mortale. Non una flessione dell’amore e dell’intenzione e dei gesti che compi perché avvenga in te, serva del Signore, ciò che hai udito dall’angelo, ciò che il Padre aveva deciso per la tua libertà docile e robusta e tenace.

E al termine della vita, ancora Dio ti aspetta. Il Padre che ti accoglie in una dilezione immisurabile. Il Signore Gesù che ti vuole accanto a sé come dispensatrice materna di redenzione. Lo Spirito che ti rende impregnata di Dio e umana e fulgida e benigna e benevolente come nessun’altra donna. Tu che rendi affettuoso e affascinante l’austerità del cristianesimo.

Prega per noi, Immacolata che ti ergi come un ideale altissimo e una tenerissima protezione. Fa’ che viviamo il nostro battesimo – la nostra povera immacolata concezione – come l’agguato dolcissimo di Dio che ci vuole con sé nel dolore e nella letizia senza limite e senza fine. Fa’ che sappiamo aprirci alla misericordia del tuo Figlio, dopo ogni peccato. Tienici per mano nell’ora della morte, quando ti invochiamo madre dei colpevoli che attendono il perdono: tu, innocente, che hai lacrimato per noi e ci apri le braccia perché l’ultimo respiro sia gratitudine sussurrata sul tuo cuore. Il resto sia gloria.

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