“Tutto io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo, mio Signore. Che io gli diventi conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione” (Fil 3, 8-11)
Domenica 11 novembre 2018 alle ore 18 in Cattedrale, S.E. Monsignor Francesco Cavina presiede la messa di suffragio in memoria di monsignor Alessandro Maggiolini nel decimo anniversario della morte.
 
 
Riprendiamo dal sito della Diocesi di Carpi il ricordo di Luigi Lamma, Direttore dell'Ufficio Diocesano Comunicazioni sociali. Ringraziamo Sua Eccellenza mons. Francesco Cavina per la sensibilità dimostrata verso il suo predecessore.
 
Sono venuto tra Voi, cinque anni e mezzo fa, come Sacerdote e sono stato consacrato Vescovo qui, in questa Cattedrale: sono venuto - dicevo allora - figlio della Chiesa che è in Carpi, per divenirne Padre”.
Nell’omelia di commiato dalla Diocesi il 12 marzo 1989, monsignor Alessandro Maggiolini, volle partire proprio da lì, da quella scelta che provocò subito turbamento alla piccola diocesi emiliana abituata a tutt’altra dimensione degli eventi. D’altra parte erano decenni che a Carpi non si assisteva ad una ordinazione episcopale. Intellettuale, docente di teologia e affermato giornalista, don Maggiolini fin da quel primo giorno, il 29 maggio 1983 una bellissima domenica quasi estiva, aveva fatto intuire che sarebbe iniziata per la Chiesa di Carpi una salutare rivoluzione pastorale con “la speranza di affrettare la diocesi a una corrispondenza più puntuale al Concilio Vaticano II” come scrisse il vicario generale di allora monsignor Tassi.
Certo il breve periodo trascorso a Carpi fu per don Sandro, così lo chiamavano i suoi studenti alla Cattolica, per sua stessa ammissione, contrassegnato da un momento iniziale di difficoltà per il cambiamento di ambiente e di ruolo, ma gli anni carpigiani furono una bella palestra per far crescere il vescovo Alessandro. Rileggendo i suoi interventi su Notizie, va ricordato che l’avvio, nel 1986, di questo giornale fu opera sua, si nota la grande lucidità del Pastore, che, in poche righe (allora il giornale era di quattro scarne paginette in formato A4!) sapeva dettare obiettivi e centrare i temi su cui desiderava attirare l’attenzione della Diocesi, frasi brevi a volte scandite da numerazione o illustrate per punti.
Un esempio lampante risultano le sue indicazioni per la costituzione del nuovo consiglio pastorale e la verifica di fi ne mandato di quello precedente (Notizie 2/1989): trasparenza, franchezza nel confronto, nodi pastorali, ansia missionaria, inculturazione cristiana della società nel nuovo contesto socio-politico post caduta del muro. Su quest’ultimo punto non mancarono i dibattiti pubblici, articoli su quotidiani tesi ad evidenziare, da parte sua, come “in Emilia vi è una realtà nuova: alla situazione di ‘muro contro muro’ del passato, oggi abbiamo una situazione in cui o si è credenti o non lo si è… Dobbiamo recuperare la nostra originalità cristiana, altrimenti diventiamo inutili e seguaci dell’opinione prevalente della cultura egemone in senso gramsciano. In Emilia vi è un certo marxismo machiavellico, un certo illuminismo privo di valori che non danno appigli a cui aggrapparsi. Eppure vi è un enorme esigenza di senso…”.
Il tempo gli diede ragione, così come fu profetica la sua battaglia per una più incisiva e coraggiosa presenza nella società. Su questo punto il testo dell’omelia di commiato è da manuale: “Ho stimolato i credenti a rendersi presenti nella società anche in modo comunitario con la loro identità e nella gestione della cosa pubblica… I cattolici non devono essere ossessionati di rincorrere il nuovo e il più facile, che spesso è il più superficiale, e il meno umano: devono, piuttosto rendersi attenti a molte persone di buona volontà…che attendono una proposta cristiana limpida e risoluta…”. Poi c’è il tema della libertà, a lui molto caro, e che faticò non poco a far declinare nelle scelte quotidiane delle comunità: “Chiede (la Chiesa) libertà non solo nelle strutture pubbliche, ma anche libertà delle strutture sociali derivate da concezioni diverse del mondo. Chiede, inoltre, la libertà di proposta cristiana dentro le aggregazioni comuni e attraverso le aggregazioni ispirate alla fede e operanti nei diversi settori dell’esistenza. Ciò in vista del servizio all’uomo, di ogni uomo”.
Purtroppo non c’è stata la possibilità di vedere raccolto e commentato in un volume il magistero di Maggiolini a Carpi come invece avrebbe meritato. Il breve episcopato consentì lo stesso, pur con la povertà di mezzi propri della Diocesi, la realizzazione di alcuni interventi, sui quali seppe convogliare anche le risorse del territorio: il ripristino della Sagra nell’VIII centenario della sua dedicazione, il restauro della Cattedrale con il concorso dei fedeli, l’ammodernamento della Curia. Rilanciò la Caritas e Porta Aperta, avviò e chiuse la fase diocesana del processo di beatificazione di Mamma Nina, e poi il momento che rimarrà nella storia e nella memoria dei carpigiani che dopo secoli ricevettero la visita del Papa Giovanni Paolo II, di cui Maggiolini era un grande estimatore e amico, il 3 giugno 1988.
“Volevo scuotere e rincuorare con la potenza della Croce”. Si può davvero essere grati al Signore per il dono del vescovo Alessandro Maggiolini, perché la sua presenza è stata davvero una scossa e lo spiraglio che ha aperto, ha consentito alla Chiesa di Carpi, nei decenni successivi, con l’impegno esemplare dei suoi successori, di crescere nella consapevolezza della propria vocazione missionaria a servizio del popolo affidato, perché per dirla sempre con don Sandro “bisogna germogliare nella zolla in cui Dio ci semina”.
 
 Luigi Lamma
 Direttore Ufficio Diocesano Comunicazioni Sociali