Le obiezioni più comuni al peccato e alla Misericordia di Dio

 Intervista a mons. Maggiolini

 

Il peccato è una scelta che si consuma chiusa su se stessa e dalla quale ci si può liberare con le proprie sole forze?

Il peccato va collocato e compreso nell’insieme della vita umana e cristiana. Certo, ci si può mettere a fare l’esame di coscienza come se fosse la lista della spesa o come se la presa di coscienza di questo fatto drammatico fosse soltanto opera dell’uomo: l’uomo pecca; l’uomo si pentirebbe  e cancellerebbe così le proprie colpe.

Questa visione non consente né di riconoscere né di pentirsi delle proprie colpe: l’uomo sarebbe il soggetto del male e – soprattutto - di quella che potremmo chiamare la conversione.

 

Ci si può limitare a fare la conta delle colpe e a misurarle quasi a peso? Peccato mortale, peccato veniale, imperfezione, ecc. Solo che la vita non può essere sezionata in attimi staccati uno dall’altro e considerati separatamente uno dal’altro. E allora, come valutare la situazione di colpa in cui uno può essere?

Se la vita è unitaria, se nella scelta morale entra l’intera persona, se la libertà recupera e si gioca nel bene o nel male, allora la colpa va considerata nel contesto dell’esistenza che si svolge. Si può giungere a perdere la speranza del perdono con una decisione improvvisa e subitanea. Si può giungere a compiere il peccato grave e a mettersi sull’orlo dell’inferno, cedendo a poco a poco alla fragilità che toglie le forze della ripresa; e qui il rinnovamento della vita si rivela ancor più difficile. Vita moscia, perdita del coraggio di riiniziare l’avventura della Grazia divina.

 

Vi sono peccati che la bontà di Dio non riesce a perdonare?

No. All’amore invadente del Signore che vuole rinnovare il cristiano si può opporre un rifiuto ad accogliere la Misericordia di Dio; non si può fare in modo che Dio divenga incapace di perdono settanta volte sette: tu puoi peccare nel grado che ritieni e con la frequenza che esprime una insensibilità religiosa; ma non puoi fare in modo che Dio non si apra al perdono che ti vuole offrire. Tutte le altre colpe sono raschiate dall’uomo e dal cristiano perché, prima di ogni colpa e di ogni richiesta di perdono, sta l’offerta di perdono che Dio porge.

 

Alla fine, siamo noi a farci perdonare, o è Dio che desidera perdonarci più di quanto noi desideriamo la dannazione?

Dio ha il cuore più grande del nostro. Non si stanca di ricrearci l’innocenza della Prima Comunione. Fossimo pure all’ennesima esperienza di colpa dobbiamo accettare che la Misericordia di Dio non invecchia mai: è sempre nativa ed efficace, quando dal profondo del cuore ciascuno di noi si apre al perdono.

 

È secondo il desiderio di Dio che noi abbiamo a scoraggiarci e a non trovare più la lucidità e la forza per squadernare l’animo ed esporlo al perdono di Dio?

Il perdono di Dio lo si comprende soltanto davanti al Crocifisso che, Figlio di Dio e innocente, ha voluto morire per ricrearci nella vita di Grazia. Anzi, la stessa consapevolezza del peccato compiuto di cui si domanda perdono è frutto dell’amore di Gesù che muore sulla croce. Anzi, al dire di Pascal: «Se tu conoscessi i tuoi peccati, tu ti scoreresti. Nella misura in cui tu li espierai, ti saranno rivelati, e ti sarà detto: "Ecco le tue colpe che ti sono rimesse"».

 

Perché dipendere dalla Chiesa nel perdono dei peccati?

Perché nella Chiesa abita il Signore Gesù che rinnova l’uomo e l’universo.

 

Come avvertire che il credente procede nella vita spirituale: anche perché è frequentissimo sentir dire: «Sono ancora alle colpe della confessione scorsa: non sono progredito per nulla».

Non ha senso, nel rapporto con Dio misurare la santità come a quintali o a metri: uno può avere l’impressione si essere daccapo e invece sta avvicinandosi in modo incessante a Cristo: l’importante è non desistere dallo sforzo di migliorarsi; l’importante è il non perdere la speranza del perdono che Dio ci ha promesso e che è desideroso di elargirci.

La colpa più grave del cristiano è la mancanza di speranza; è il non volersi più inginocchiare davanti al Crocifisso per piangere il proprio passato e ricevere la vita divina in maniera nuova. Il perdono non fa sì che non siano avvenuti i peccati: fa sì che Dio li dimentichi e riinizi l’amicizia della vita di Grazia. Se sono decenni che non ti confessi e trovi il coraggio di pentirti e di piangere davanti al Crocifisso, non è che le colpe compiute non siano state compiute; è che si rinnova la vita e si esce dalla Confessione come un bambino della Prima Comunione.

 

Ma il dirsi nelle proprie colpe non crea disagio e forse vergogna?

No, se si riflette che a darci l’assoluzione è il Signore Gesù stesso attraverso la mediazione della Chiesa.

Che bella invenzione la Confessione!

 

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