Le badanti

Sembra  che sia cambiato il mondo. Un tempo le persone che assistevano gli ammalati o curavano gli anziani si chiamavano infermiere, dame di compagnia, donne di sevizio ecc. Oggi, no. Oggi, se una donna – preferibilmente una ragazza – si interessa di tenere disciplinati e in ordine soprattutto i bambini, e se , in generale compie i mestieri di casa, il nome che le si addice è quello di “badante”. Non pare una qualifica di spicco.

D’altra parte, bisogna anche non esagerare nel deprezzare le persone o nell’esaltarle oltre misura. “Badante” è un participio presente che non si sbilancia né nell’attribuire rilievo sociale o economico, né nel disprezzare chi dovrebbe stare quasi sempre in un angolo della casa. La sottolineatura sembra un neutro, e non è molto gentile.

Non c’è motivo di redigere uno studio sociologico sulla derivazione geografica, sull’istruzione ricevuta o sulla locuzione italiana che si usa, magari frammista a qualche parola dialettale che rende colorito il linguaggio.

Qualcosa di nuovo e di diffuso, però, c’è. Di solito non sono donne che lavorano nel paese dove sono nate e cresciute: vengono da altrove, dove è più difficile trovare un lavoro e mantenere la famiglia.

Non necessariamente i “padroni” trattano con sufficienza o addirittura con disprezzo queste donne semplici, dagli umili lavori, le quali, tuttavia, possono avere la saggezza che viene dalla povertà e dalla fatica sostenuta. Non è detto neppure che necessariamente le signore che pagano lo stipendio trattino sempre con disprezzo o quasi, e ancheggino per lo shopping nelle vie della città o languidamente si tengono fresco il viso con  ventagli di lusso.

Il rapporto può essere più semplice e più cordiale. E però, non sembra si possa negare che le badanti incontrino più di una difficoltà: lontananza da casa; circoli di amicizie da creare quasi da capo, se si riesce; qualche esitazione nel sostenere un dialogo corretto e sereno, se non proprio elegante.

E poi queste badanti non guadagnano a sufficienza per scialare; spesso non hanno punti di riferimento personali o sociali a cui rifarsi per ritrovarsi e conversare con semplicità. Poi c’è un mutamento brusco e talvolta precipitoso di stile di vita: morale tradizionale che passa di botto al mestiere delle donne di strada; solitudine persistente e dura da vincere. E chiunque potrebbe immaginare altre difficoltà.

Quando si parla di “poveri” che il Vangelo invita a soccorrere, bisogna proprio escludere questa gente dalle incombenze modeste? Tra le opere di misericordia corporale non c’è l’attenzione alle badanti; ma bisogna proprio escluderle radicalmente dalla cerchia familiare?  Non c’è bisogno di scomodare la lotta di classe, superando la quale si giungerebbe alla carità. Basterebbe prendere tra mano il Vangelo. Basterebbe guardare in faccia semplicemente  chi chiede di essere trattato con rispetto e che desidera imparare qualcosa di più di ciò che sa, per potersi inserire in una conversazione se non proprio amichevole almeno cordiale. Non si ama Dio, se ci si rende attenti al prossimo, soprattutto a quello più bisognoso.

 

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