Bullismo: i responsabili

Ormai sono giorni che il tema del bullismo tiene banco sulle pagine dei giornali: un’inflazione. Cinque ragazzi usano violenze contro una minorenne. Un portatore di handicap viene deriso e aggredito da compagni di classe nerboruti e poco intelligenti. Quattro violenti stuprano una dodicenne. Ragazzotti che ritraggono con il cellulare scene di orge studiate e preparate anche nei dettagli. E si potrebbe continuare, riempiendo pagine intere anche riportando soltanto dei titoli.

Che cosa sta succedendo? Sta succedendo che non si sono previsti gli esiti di un lavoro educativo mancante o di una pedagogia permissiva all’estremo. In questi fenomeni non si manifestano subito dopo dei fatti precisi: sono, piuttosto, risultati di un disimpegno formativo che poi dà la stura a una violenza anarchica: e più è esasperata, più fa notizia e illude di diventare importanti  e di finire sui media.

C’è un bel dire contro un’educazione severa che poneva paletti precisi, i quali non permettevano di uscire di strada, pena una punizione o una stretta di disciplina che provocava anche un po’ di salutare sofferenza. Il fatto è che, quando uno sgarro non viene né punito né segnalato, prepara ad altre espressioni di non rispetto per le persone. E chi ne fa le spese sono i ragazzi che si scontrano tra di loro per stabilire chi prevale spesso con la forza bruta; sono i genitori che frequentemente inneggiano a una libertà senza freni; sono insegnanti che si fidano dei ragazzi senza verifiche e controlli. Così si arriva a un comportamento istintuale che provoca danni immani e non si sa dove si arrestano.

Solitamente si incolpano gli alunni a scuola. E forse, in più di un caso, non senza motivo. Che significato ha la proposta di un parlamentare che lascia libertà ai ragazzi di occupare le aule scolastiche e di organizzarsi le lezioni come gli pare e piace? Il fatto è che, mancando una disciplina, con tanto di richiamo, di rimprovero e di punizione, si arriva a non poter più pronunciare dei no circa i comportamenti. A ciò si aggiunga lo stile – si fa per dire – educativo di genitori che strillano come oche del campidoglio appena si alza la voce di qualche decibel o si sfiorano i loro figli con penne di cigno. E poi c’è la noia. Quando studenti non hanno nulla da fare e si trovano tutto preparato e si trovano soldi in tasca senza un goccio di sudore, si può immaginare quali comportamenti ne verranno. Tanto più che la cultura diffusa – cultura? – dai giornali e dalla televisione segna un’esaltazione aprioristica del più forte che non bada a norme etiche pur di prevalere.

Il bullismo non è che un aspetto di un impegno educativo globale. E non si raggiungono atteggiamenti seri e impegnati senza serietà e impegno. Riflettano su queste osservazioni i legislatori che largheggiano nel concedere, per esempio la droga, e sarebbero pronti a venderla a chili, o magari a regalarla. Pur di avere una massa di gente che obbedisce ai comandi elaborati in vista di un disegno politico poco o tanto disumano. E la religione è davvero da buttare come spesso si assicura?

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