Le zucche e i morti

Ieri abbiamo celebrato la festa di Tutti i Santi. Di tutti. Anche di quelli che non hanno raggiunto l’onore degli altari e l’aureola. Santi che hanno passato una vita di semplicità, hanno vissuto tra noi, ma diversamente da noi, poiché sono stati accanto al Signore lungo tutta la vita. Con qualche distrazione, con qualche smemoratezza, con qualche dimenticanza delle cose che valgono, si capisce. E forse mette conto di notare la saggezza della Chiesa la quale prima ci fa festeggiare i santi e poi i morti: perché se i santi hanno fallito in parte la loro mèta, per tutti rimane sempre la speranza che di potersi ritrovare tra i beati nel paradiso.

Non sto tessendo una predica sulla festa di Ognissanti. Sto semplicemente dicendo che il destino ultimo di tutti è la beatitudine. Non certo quella sorta di cumulo di ossa  che è ricordata nella giornata di Halloween. Dove non si pensa nemmeno da lontano al destino eterno degli uomini. Dove si ha soltanto il gusto di impaurire i ragazzi infilando nella loro testa delle zucche illuminate e spogliando le persone più grandi – più alte, non più grandi – perché ci si diverta di fronte a un nudismo sciamannato o a una farsa grottesca.

Via i morti, dunque. Via i crisantemi. Via i fiori e le preghiere che ricordano le persone care che ci hanno accompagnato per un tratto della nostra vita. Tutto è scomparso. Tutto è messo in ridicolo.

E si dimentica la provvisorietà della nostra vita e il cammino verso la morte. Non c’entra più nulla la serietà dei nostri giorni. Basta divertirsi in modo un po’ sconsiderato per un giorno così che vi sia un briciolo di orrore: o meglio, la parvenza di un briciolo di orrore.

Così i santi hanno fatto il loro tempo. E i morti dei nostri giorni attendono soltanto la dimenticanza, poiché sembra che non abbiano più nulla da rivelarci. E invece.

E’ indegno che nel giro di pochi anni una società che, nel pomeriggio del giorno dei morti, si avviava al cimitero avvertendo lo sfrigolio della ghiaia sui sentieri, e oggi si disperde in divertimenti senza sugo e senza senso.

Ma non è ciò che vogliamo? Lasciamo alle spalle i ricordi più cari e le attese più prementi per giocherellare come bimbi senza progetti.

Meglio, molto meglio, il giorno dei morti che ci costringeva quasi a ricordare un passato struggente e pacifico. Il gioco dura poco. Poi viene l’esistenza senza tanti fronzoli ed emette i propri conti da presentare al tribunale della vita. Dove non si può restituire il biglietto che si è ritirato all’ingresso.

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