Costringere alla fede è profanare Dio

Anche ieri l’altro a Regensburg Benedetto XVI non prende di mira polemicamente l’islam. E’ vero: richiama un dialogo che l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, nel 1391, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam: un dialogo dove l’imperatore risponde al suo interlocutore: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. Si tratta di una citazione che il papa mette quasi come esergo a una riflessione sulla violenza religiosa vista come irragionevole e contraria alla natura di Dio.

Benedetto XVI porta, invece, la riflessione sul fondamento della possibilità o della impossibilità del dialogo tra cristianesimo e religioni, soprattutto il musulmanesimo. Ci si può confrontare tra un cristiano e un musulmano soltanto quando si ammette il valore della ragione. Ciò vale per qualsiasi forma di fede che si può incontrare nel mondo. Inizia l’intolleranza e la violenza motivata dall’adesione a una religione soltanto quando si rinuncia a un uso retto della ragione. La vittoria o la sconfitta degli interlocutori cristiani e di convinzioni religiose diverse dipende dall’aver accettato o dall’aver rifiutato il valore dell’intelligenza che illumina i fatti e si apre alla verità. Quasi senza accorgercene, siamo riportati al problema dalla laicità dell’uomo: una laicità non vista come rinuncia a pensare, ma come disponibilità ad accogliere il valore della verità e l’imperatività di una morale che potremmo chiamare “naturale”.

Il papa non nega certo le marginature di violenza che possono essersi date in altri tempi anche nel cristianesimo. La sua attenzione è sulle radici di questi sbandamenti da qualsiasi parte si verifichino. Identità cristiana, originalità cristiana, conversione cristiana, evangelizzazione sono tutti momenti che vanno costantemente recuperati senza lasciare che la ragione sia catturata da certezze di una fede cieca.

Si ritorna così alla condanna dell’Occidente come cultura del rifiuto della ragione. A partire dall’esclusività di una interpretazione biblica che non tenga conto dell’intelligenza, per giungere a un positivismo che ammette soltanto ciò che vede, tocca e misura. E così si arriva alla tappa attuale della cancellazione della intelligenza umana per cui nulla è vero o falso per sé, ma tutto diventa relativo al quadro sociologico in cui si vive, alla sensibilità che ci si trova addosso, all’interesse materiale o al piacere sensibile privo di norme morali.

Ci risiamo. Questo papa professore ci sta conducendo ai punti essenziali della questione religiosa. E la ragione è data dall’incontro tra cristianesimo, ellenismo e riconoscimento dell’essere di Dio e delle cose.

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