Appunti di buon senso circa il campionato di calcio

Sono giorni e giorni che l’informazione è gonfia e ci rovescia addosso notizie riguardanti la vittoria mondiale della nazionale di calcio italiana su quella francese. Adesso sappiamo quasi tutto. Adesso si può siglare qualche appunto – niente prediche, niente meditazioni filosofiche o religiose – sulla vicenda che abbiamo vissuto – anche per forza – un poco tutti.

  1. Le proporzioni dell’esultanza per la vittoria calcistica sono tali che assomigliano un poco a quelle della conclusione di una guerra o di un cataclisma. Si comprende qualche moto di esultanza. Se si esagera, si va nel fanatismo. E forse qualche lembo di esagerazione è stato toccato. Così si conosce un popolo. Purché non lo si debba conoscere troppo. I telegiornali e i notiziari vogliono passare ad altro, adesso?
  2. Lo sport, come ogni gioco – soprattutto se non è sostenuto da finanziamenti pletorici - : lo sport è qualcosa di laico anche rispetto alla laicità delle istituzioni civili. Si pone come qualcosa a sé, staccato da tutti gli interessi di orgoglio e di bottega. Presenta una laicità anche nei confronti della laicità dello Stato e delle strutture pubbliche. Viene poco o tanto profanato, se è catturato in un contesto politico. C’è da sorridere vedendo le autorità profane quasi attribuirsi qualche merito nella vittoria: come se non avessero vinto i giocatori e la folla dei tifosi. Si verifica un poco il pendant di una festa dell’uva o delle ciliegie alla presenza di un cardinale o press’a poco. A ciascuno il merito che gli va.
  3. Ora attendiamo la sentenza dei pasticci combinati dalle squadre durante il campionato nazionale. Rigore assoluto? Amnistia senza eccezioni? Ciò che non si riesce a capire è che debbano venire perdonati o puniti uomini che hanno avuto il solo torto di giocare, vincendo o perdendo. Far retrocedere le squadre in categorie inferiori significa ammettere una sorta di colpa oggettiva, mentre la colpa è soltanto soggettiva. Per la verità, non si riesce a capir bene anche la premiazione dei giocatori come se fossero eroi, studiosi, filantropi e così via. Ma che un calciatore debba cambiare squadra perché si è impegnato in una quadra malguidata, ecco, non sembra del tutto logico.
  4. Zidane – l’immigrato – che ha dato la zuccata sul petto a Materazzi non è né un eroe, né un infame. Semmai ha voluto riaffermare in modo scomposto l’onore della sorella.

E adesso riprendiamo a lavorare.

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