Referendum sulla riforma costituzionale e laicità

Da qualche tempo si sta discutendo circa il se e come votare il 25/26 c.m. per il referendum confermativo o eliminativo della riforma costituzionale nota come devolution.

Le approvazioni e le critiche si vanno moltiplicando. Comprensibilmente. Si vorrebbe una riforma rispettosa di larghe intese con un sostanziale consenso sociale e politico. Si vorrebbe chiarito meglio il tipo di rapporto Stato – Regioni in una devoluzione che sia solidale. Si vorrebbe un bicameralismo chiaro che attribuisca a diversi organi varie competenze. Si vorrebbe evitare un presidenzialismo strisciante che rischia di esautorare il parlamento. Ecc.

Di contro si elevano approvazioni che, pur accettando qualche osservazione negativa, intendono impegnare per una revisione che renda almeno un poco più stabile il governo.

E’ difficile stabilire la ragione tutta da una parte e il torto tutto dall’altra. Trattandosi di questioni politiche si cammina un poco sempre sull’opinabile. Di conseguenza è utopistico redigere un documento che pretenda di dimostrare more geometrico il meglio o addirittura l’ottimo, rifiutando il contrario.

Questione politica. Per questo motivo si riesce a stento a capire perché mai la Presidenza dell’Azione Cattolica milanese abbia emanato un documento che sollecita i cittadini ad andare a votare e a votare no, vale a dire a cancellare il progetto di legge costituzionale nuovo per riprendere tutto d’accapo o quasi, rifacendosi alla Costituzione del 1948.

Con quale autorevolezza un’associazione religiosa cristiana come l’Azione Cattolica di una grande diocesi si sente in diritto di pronunciarsi dando direttive – a chi?- per un comportamento che non può non fondarsi su delle probabilità, e non su delle apoditticità.

Insomma, chi sono i membri dell’Azione Cattolica milanese che pretendono di orientare il voto dei cittadini almeno fedeli? C’è da pensare che dietro non vi sia l’autorità del vescovo che pure è il responsabile ultimo diocesano dell’Azione Cattolica. I firmatari si fanno forza della loro iscrizione a una aggregazione ecclesiale? Ma che c’entra – ultimamente – la Chiesa con questi problemi? A meno che la fede dia delle illuminazioni particolari sul disegno costituzionale di una nazione. Ma è il caso? E se qualcuno con certezze tetragone riferite a Cristo e alla morale dovesse pensare diversamente e agire all’opposto, a chi disubbidirebbe?

A meno che il documento sia perfettamente estraneo o quasi alla Rivelazione di Gesù Cristo e della morale cattolica; ma allora non potrebbe essere steso e firmato anche da non credenti? Diverso è il caso se la materia trattata concernesse la concezione dell’uomo e della morale umana come l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione artificiale ecc. Qui sarebbe richiamato più di un punto di antropologia etica. E la problematica cambierebbe.

Quante volte ci si è lamentati, da parte di cattolici, perché la Chiesa – soprattutto nella sua gerarchia – dava orientamenti per il voto politico. E adesso, ai vescovi si sostituiscono i laici sia pure con la tessera dell’Azione Cattolica?

Attenzione: una non ricezione di un messaggio come questo potrebbe staccare dalla associazione diversi credenti, che vogliono mantenere la libertà di giudizio in affari politici.

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