Quasi due tipi di elezioni

Si avvicinano a grandi passi i giorni delle elezioni amministrative. E la foga con cui si discute concentra l’attenzione su dei particolari che fan dimenticare la questione più generale: l’albero che nasconde prati sterminati. Di più: si ha l’impressione di assistere a due campagne elettorali con due tornate di voti.

Si noti: è inutile segnalare le forze politiche che si contraddistinguono per le due impostazioni. Una prima sembra ossessionata dalla componente economica: tasse da lasciare o da abbassare o da rialzare; cancellazione dei contratti di lavoro a tempo almeno per i giovani all’inizio della loro attività; pagamento dei passaggi ereditari e delle donazioni; imposizioni sulla casa (seconda o anche prima); trattenute di tipo fiscale per il salario: almeno il salario più consistente ecc.

Non è che si riesca sempre a capire che cosa esattamente voglia la parte politica che aspira a diventare l’esecutivo. C’è chi dice una cosa e chi ne dice un’altra. C’è chi dice una cosa oggi e domani una diversa. Staremo a vedere in prossimità del voto.

Qui si vorrebbe notare, però, una osservazione che è talmente evidente da quasi non essere più notata nel suo significato. Si continua a discutere di soldi da parte dei politici, o almeno di diversi politici. Si mette la sordina a ciò che sta dicendo la Chiesa in vista delle prossime elezioni. E si lascino pure a lato le solite tiritere circa le indebite ingerenze della Chiesa nei problemi dello Stato e la tutela della laicità dello Stato stesso.

Se si va a vedere ciò che, invece, la Chiesa in diverse sue espressioni manifesta, ci si accorge che, pur non tralasciando i problemi economici, si insiste maggiormente su questioni morali di ben altra rilevanza.

Intanto, ci si accorge che l’aver tolto il richiamo alle radici cristiane dell’Unione Europea si rivela forse un atto di immaturità, se non addirittura di debolezza: meglio sarebbe dialogare con questa cultura piuttosto che opporvisi e ignorarla. Può essere che nella sua tradizione riservi novità sconvolgenti per la società attuale. Una democrazia non è soltanto una sorta di pallottoliere dove si contano i voti prescindendo dai valori umani che stanno alla base. Un relativismo morale senza remore può condurre a una sorta di anarchia, dove ciascuno si erige a norma per se stesso. Non bisogna dimenticare – ha affermato Benedetto XVI – che, quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o richiamando certi principi, ciò non costituisce una forma di intolleranza o un’interferenza, poiché tali interventi sono volti solamente a illuminare le coscienze, permettendo loro di agire liberamente e responsabilmente secondo le esigenze autentiche di giustizia, anche quando ciò potrebbe configgere con situazioni di potere e interessi personali.

E tuttavia una democrazia che non vuol essere soltanto schema astratto ma recepire l’humus culturale che ha alla base deve rifarsi a principi umani che non sono negoziabili: soprattutto la tutela della vita in tutte le sue fasi; il riconoscimento e la promozione della struttura naturale della famiglia; la tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli e così via. Qui la fede ha una parola decisiva da dire: una parola che vale non soltanto per i credenti, ma per tutti gli uomini di retto sentire. E la legge naturale è interrogativo che esige di essere risolto.

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