San Valentino. E i fidanzati?

Oggi si celebra, tra dolci e regalini, la festa di San Valentino. Di che festa si tratta? Degli innamorati? Ma la categoria non è troppo ampia? Perché può includere gli adolescenti che si passano i bigliettini sottobanco di scuola e gli ottantenni che, con amore immutato e anzi purificato e approfondito, si vogliono assai più bene di quanto se ne volessero quaranta cinquant’anni fa.

I giovani usano assai meno il termine fidanzati, che alla loro sensibilità suona un poco cerimonioso e, comunque, impegnativo. Il mio ragazzo. La mia ragazza. Sto con quello. Sto con quella. Usciamo da qualche tempo. Ci conosciamo abbastanza a fondo e così via.

Il motivo del disagio che vari giovani provano a usare il termine fidanzamento è dovuto probabilmente al fatto che l’essere fidanzati implica una promessa e una preparazione di entrambi i ragazzi. E si sa che il gioco della libertà,quando è serio, mette perfino paura.

Non mette paura, invece, una libertà che gioca “à la colle” e che è sempre pronta a svincolarsi dalle responsabilità assunte. Seppur di responsabilità si è trattato, e non, invece, di attrazione emotiva e sessuale senza norme e senza finalità. Libertà qui significa lasciarsi trasportare dall’emotività o dagli stimoli sessuali anarchici, con l’illusione di costruirsi una personalità, mentre la si sta disfacendo. Come è noto W.Rech  ne “ La rivoluzione sessuale” consente e perfino incita a un esercizio di sessualità selvaggia per liberare la persona da impacci proibitivi e lanciarla nell’orizzonte… nell’orizzonte di che cosa?

I giovani di oggi saltano spesso a piè pari tutta la problematica dell’impegno vicendevole e giungono subito a una sorta di matrimonio che non ha più nulla di serio e di formativo.

Quando si devono cavare dal cuore delle parole decisive che legano e a una persona sola e per sempre – nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, fino a quando morte non ci separi -, allora un brivido passa per la schiena e, se ci si abbandona alla tendenza all’unità personale tra uomo e donna,  il cuore si riscalda e si cammina verso una unità dei due. Anzi, verso una crescita di sensibilità, di bontà, di forza. Si libera la libertà.

Così il fidanzamento finisce per arrivare, se arriva, al cambio della seconda dentiera, quando si è convissuto more uxorio senza nessuna remora. Ma allora quello che vien detto fidanzamento è un aggiustamento di situazione più che l’espressione di una libertà che si libera nell’altro.

La possibilità di rescindere un patto in qualche modo giurato, esonera da qualsiasi fatica di crescere,ma , appunto, non fa crescere. E alla seconda o terza età, ci si scopre soli e inconclusi. Se si è accorti, si evitano anche i figli. Poi si programmeranno. E magari sarà tardi. La solitudine è la sorte di molti amori selvaggi. I ragazzi di oggi capiscono benissimo queste riflessioni, anche se non trovano spesso il coraggio di ammetterle.

Forse occorre in qualche modo una fede – magari implicita fin che si vuole, ma un fede- per trovarsi uniti per sempre in un amore che è reciprocità e apertura a nuove esistenze. Una fede che può tradursi nel senso di una onestà di chi prende sul serio se stesso. Chi assicura che il fidanzamento e poi il matrimonio siano un’esperienza zuccherosa che non riserva sorprese? La fatica di un amore autentico. C’è in giro una atmosfera ammorbata di odor di usato. Ci sono ragazzi splendidi che, pur riconoscendo le loro difficoltà e le loro debolezze, si avviano all’altare o al centro della loro coscienza con una gioia che Baudelaire non ha saputo esprimere nei suoi splendidi versi. Ma che Gesù conosceva bene.

 

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